LEPANTO, I PROTAGONISTI. Pio V, campione della cristianità contro l’Islam
Di Ludwig Von Pastor
Da nessun’altra cosa Pio V rifuggiva quanto dal prendere le armi: fu un singolare destino, che proprio a lui fosse riservato di doversi occupare assai spesso di affari guerreschi. Ve lo costrinsero dapprima i torbidi dello stato pontificio, poi l’oppressione dei cattolici francesi per opera degli ugonotti e in fine il pericolo, imminente dei Turchi.
Il prevenire questo pericolo è stato per Pio durante tutto il suo pontificato un oggetto capitale delle sue cure e dei suoi sforzi. In questo egli si lasciò guidare fin dal principio dal giusto concetto che successi decisivi si potevano conseguire non con attacchi delle singole potenze, ma solo colla loro unione in una lega.
Sul bel principio del suo governo Pio V scrisse in questo senso, a Filippo II; anche di fronte all’ambasciatore imperiale già allora parlò del suo disegno di creare una lega dei principi cristiani contro i Turchi . Condivideva l’idea che la potenza ottomana non si potesse infrangere che con una crociata comune anche il gran maestro dei cavalieri di S. Giovanni, La Vallette, che così eroicamente aveva difeso Malta al tempo di Pio IV .
Pio V si prese subito a cuore la sicurezza di questo avamposto del mondo cristiano nel mare mediterraneo, importantissimo strategicamente . Nel febbraio e marzo del 1566 esortò il re di Spagna e la governatrice dei Paesi Bassi di coadiuvare alla riedificazione delle fortificazioni distrutte durante l’assedio del 1565 e di aiutare i cavalieri con denaro e truppe. È datata dal 9 marzo 1566 una bolla che dipinge con parole accorate il pericolo turco doppiamente minaccioso di fronte alla scissura religiosa della cristianità. Solo se il popolo credente fa penitenza, si può ammansare l’ira di Dio e attendere il suo forte ausilio. Per ciò il papa ha bandito una indulgenza giubilare, per il cui acquisto fu prescritto oltre alla preghiera e al digiuno di ricevere i sacramenti e fare un’elemosina per l’eventualità della guerra contro il turco.
Spaventò non poco il papa la notizia che il gran maestro dei Giovanniti, di fronte all’imminente attacco dei Turchi, volesse rifugiarsi in Sicilia da Malta, che non sembrava abbastanza sicura. In una lettera del 22 marzo 1566 egli scongiurò il La Vallette di abbandonare questo pensiero. Facendogli presente il pericolo che l’Italia meridionale verrebbe abbandonata come preda al nemico e sarebbe annientato il suo Ordine qualora venisse attuato il suo proposito, lo esortò a perseverare coraggiosamente e gli promise il proprio aiuto. In conformità di ciò il papa mandò a Malta 15.000 ducati, adunò persino truppe per soccorrere i cavalieri e invitò Filippo II e il viceré di Sicilia a prestare aiuto. In un concistoro del 2 aprile 1566 egli parlò con energia di voler impiegare tutte le sue forze per la protezione della cristianità. Quanto questo pensiero lo preoccupasse, lo dimostra anche il fatto che esso viene toccato anche in brevi che si occupano della riforma dei costumi del clero. «Mi armo contro i Turchi», vi si dice, «ma in ciò mi può giovare solo la preghiera di quei preti che sono di costumi puri».