L’EPOPEA DI AGOSTINO BARBARIGO A LEPANTO. LA RIVOLTA DEGLI SCHIAVI CRISTIANI.
” I Turchi, che conoscevano bene il mare, riuscirono a porsi alle spalle della prima linea veneziana.
‘…era evidente l’intenzione di Scirocco di aggirare le navi venete per poi annientarle con la schiacciante superiorità del numero. I turchi riuscirono ad aggirare il fianco e l’ammiraglia di Agostino Barbarigo fu attaccata contemporaneamente da otto galee turche’. A seguito della pericolosissima infiltrazione, nel settore veneziano la linea di combattimento assunse un andamento arcuato; una parte conservò lo schieramento iniziale, impegnate alle navi turche avanzanti, mentre l’altra parte dovette con tutta urgenza convergere a sinistra per contrastare l’infiltrazione nemica, ed eliminare il cuneo insinuatosi tra le navi e la costa.
Al centro di quell’arco di cerchio si ebbero degli episodi di maggiore asprezza e si consumò l’epopea di Agostino Barbarigo. Ferito ad un occhio da una freccia nemica, non volle abbandonare il ponte di comando in un frangente tanto delicato, e continuò a dirigere l’assalto legato all’albero maestro, col sanque che gli colava sull’armatura; ben conscio di essere destinato a morire nel giro di poche ore, ma impegnato per intanto a vincere.
Il ferimento della freccia turca avvenne, secondo accreditati calcoli, verso l’una e mezza, dopo più di un’ora di furiosi combattimenti, e quando erano già in atto gli arrembaggi. ‘I turchi si cacciarono più volte con la punta del corno destro tra le secche e la foce del fiume, come quelli che sapevano dell’altezza dell’acqua: andarono, con quattro o cinque galee per assalire i nostri alle spalle’. Barbarigo venne colpito mentre cercava di neutralizzare l’infiltrazione, sotto attacco di numerose imbarcazioni nemiche: non aveva tempo né di curarsi la ferita.. né di morire. In così fieri combattimenti l’illustrissimo Barbarigo fu ferito da una saetta turca in un occhio. E avvenne perché, comandando egli alcuna cosa intorno al combattere, e temendo di non poter essere udito, perché teneva il viso coperto con lo scudo, per poter cò meglio fare fu costretto a scoprirsi, e lo fece nel momento in cui i nostri nemici più fieramente saettavano; e a chi lo invitava a coprirsi, egli rispose che preferiva correr quel rischio piuttosto che non esser udito. ‘
Una mezza dozzina di galere veneziane eran già affondate e un certo numero di quelle turche, danneggiate dal cannoneggiamento, facevano acqua abbondantemente. L’esito era incerto- forse leggermente a favore di Maometto Scirocco, quando sulle loro navi una massa di galeotti cristiani, già pronti con i ceppi allentati, si sollevarono al segnale dei loro capi. Con cieca spavalderia raggiunsero i posti di combattimento, roteando le catene spezzate, balzando alle spalle dei Turchi, E IMPADRONENDOSI DELLE LORO ARMI, prendono alla gola i loro oppressori. L’ammutinamento dei rematori delle galee turche – alcuni erano Greci, altri Italiani catturati nelle ultime scorrerie di Alì, diede il tracollo alla bilancia. Maometto Scirocco rimase ucciso in un corpo a corpo, e il suo cadavere fu visto galleggiare bocconi su un lago rosso di sangue, fu riconosciuto dai vestiti sfarzosi.
I soldati veneziani gli staccarono immediatamente la testa e la issarono alta. Alla lugubre visione i Turchi si persero d’animo. La battaglia lungo quell’ala estrema era stata lunga e ardua, ma alla fine i Veneziani avevano chiaramente vinto.
Tratto da “Lepanto” di Ivone Cacciavillani
Sempre istruttivo