L’EUROPA E L’IMPERO ROMANO CHE APRI’ LE PORTE AI BARBARI PROFUGHI
Di Maurizio Blondet
Quando nel 376 una massa di Goti sfollati (fuggivano l’avanzata unna) si presentarono sulle rive del Danubio, macilenti, con le famiglie e i carriaggi, implorando di entrare nell’impero di Roma, l’imperatore Valente fu ben contento di farli entrare: l’impero, in piena crisi demografica, mancava di manodopera, specie militare, con cui rimpolpare l’esercito. Fu organizzata “L’accoglienza” – anche i romani usarono un termine burocratico , la receptio – ai confini furono installati magazzini per la distribuzione immediata di generi di vestiario e alimentari ai profughi.
Lo sappiamo perché ci furono processi contro funzionari romani corrotti che facevano il mercato nero e peggio, vendevano a caro prezzo ai fuggiaschi gli alimentari che dovevano dare gratis – e la storia ha registrato questo scandalo. Le famiglie venivano sistemate in zone da coltivare; i giovani maschi, inseriti nelle legioni ed addestrati.
Lo storico Ammiano Marcellino commentò così quella organizzata “accoglienza”:
“La cosa suscitò più gioia che paura, e tutti gli adulatori istruiti lodarono smodatamente la buona sorte del principe (Valente) che in modo così inaspettato gli procurava tante giovani reclute e venute dagli estremi confini, giacché unendo le sue forze a quelle degli stranieri, avrebbe messo insieme un esercito davvero invincibile. E poi, oltre alla leva di soldati che ogni provincia (data ai profughi perché la coltivassero, ndr.) doveva fornire annualmente come tributo, ciò avrebbe fatto affluire al tesoro imperiale una gran quantità d’oro”.
Sembra l’attuale inno di lodi alla buona fortuna della Merkel – non mancano nemmeno gli “adulatori istruiti” ad incensare l’accoglienza da ogni tg e Gr e giornali.
Qualche tempo dopo, Valente fu sconfitto nella battaglia di Adrianopoli, la peggiore per Roma dai tempi di Annibale, dove perse la vita insieme ai due terzi delle sue legioni – i goti arruolati contro un gigantesco esercito di goti, si batterono valorosamente ma da barbari: gettarono via le armature, non ascoltarono più gli ordini dei centurioni, e invece di obbedire alle manovre, si gettarono nudi nella mischia, da barbari quali erano ancora.
Sempre più profughi si stabilirono nelle zone dell’impero – ovviamente come aspiranti alla cittadinanza romana e vogliosi di godere del benessere superiore romano – raccolsero le tasse per Roma ma se le tennero loro, facendo mancare la linfa che manteneva l’esercito. Apprezzavano il benessere materiale romano ma non ne capivano la complessità e non si curarono della sua manutenzione: diroccarono splendidi acquedotti, lasciarono in rovina le fogne e le strade.
Nel quinto secolo, lo storico Eugippo racconta di una superstite guarnigione imperiale nella città di Batavis, attuale Passau. La quale mandò alcuni dei suoi soldati a riscuotere le paghe – forzatamente, al di là delle Alpi, forse a Milano. L’ultima volta, “gli inviati furono uccisi dai barbari durante il viaggio”; solo molto dopo i loro corpi furono visti sulla riva del fiume, dove la corrente li aveva portati. Nessuna paga giunse più a Batavis…”Quelle truppe scomparvero insieme alla frontiera”, scrive Eugippo.
“Non c’è provincia dove non si siano stanziati i barbari”, lamentava l’anonimo Cronista del 452. E un altro: “Gli antichi romani erano temuti; ora siamo noi che temiamo. I barbari pagavano loro i tributi; ora siamo noi a pagare tributi ai barbari. Ci fanno pagare perfino la luce del giorno, dovendo noi comprare il diritto alla vita. Dobbiamo addirittura ringraziare i barbari per il diritto di riscattarci. Cosa c’è di più miserevole e umiliante!”.
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