L’INTEGRAZIONE ALLA VENETA, IL LAZZARO ZEN NERO.
Nella foto, un bell’esempio di integrazione alla veneta: è il ritratto di Lazzaro Zen, un servitore di colore adottato dalla illustre famiglia di cui portava il nome con orgoglio. Lui si convertì al cristianesimo, fu fatto studiare, non era certamente poligamo, e per quanto si sa, rispettò ogni regola della comunità e della Patria che lo aveva generosamente accolto. Per l’uniforme stupenda, di cui poco si parla nell’articolo sotto, posso dire che probabilmente riprende quella di un alto ufficiale degli Oltremarini. Un cappello identico è indossato dagli schiavoni in un quadro del Guardi stesso o del Carlevarijs (dovrei cercare) schierati per l’arrivo dell’ambasciatore francese.
Doretta Davanzo Poli un bell’esempio, davvero, grazie Milo Boz Veneto. La marsina invernale (foderata di pelliccia) che indossa, è secondo me una livrea sontuosissima. Il berretto con piastra argentea anteriore con lo stemma della famiglia, era quello documentato da Pietro Longhi per es. di gondoliere di famiglia. Se ne conserva uno al Museo Navale di Venezia e al Museo di palazzo Mocenigo. Anche il berretto del moro che porta una lettera, del Longhi, (a Ca’ Rezzonico), ha tale forma, anche se meno ricco. Lo si vede sul capo anche dell’insegnante di equitazione (ca’ Rezzonico)
1770 olio su tela, cm. 93 x 77
Il protagonista di questo dipinto è il catecumeno Lazzaro Zen, ritratto con le mani giunte in preghiera e lo sguardo assorto, mentre nel registro superiore destro della tela appare la figura allegorica della Fede, riconoscibile dai canonici attributi del calice e della croce.
Dalle fonti dell’epoca veniamo a conoscenza della storia di questo giovane nero di nome Alì, originario della Guinea, portato a Venezia all’età di circa vent’anni – non sappiamo se come schiavo di guerra o di commercio – e avviato all’ospizio dei Catecumeni che aveva sede nelle immediate vicinanze della chiesa di Santa Maria della Salute. Lì risiedevano coloro che desideravano convertirsi al cristianesimo, mossi più dalla volontà di inserirsi nella società veneziana che dalla fede: prigionieri di guerra, ebrei, turchi di fede islamica che affluivano sempre più numerosi a Venezia, specie dopo la vittoria nella Battaglia di Lepanto (1571). I neofiti erano ammessi alla cerimonia di battesimo accompagnati dai loro padrini: ricchi cittadini ed esponenti delle nobili famiglie veneziane che si offrivano di accompagnare il loro protetto nella solenne celebrazione.
Nel caso del giovane Alì, il padrino fu un esponente della famiglia Zen e con questo cognome, com’era consuetudine, venne battezzato. Dai documenti apprendiamo che il patrizio Renier Zen, governatore dell’ospizio dei Catecumeni, aveva avuto nove figli uno dei quali, Lazzaro, nato nel 1746, gli era premorto.
Non è da escludere che la scelta di affidare al suo protetto, al momento del battesimo, il nome del figlio prematuramente scomparso, con chiara allusione al racconto evangelico e al riferimento implicito di resurrezione, fosse legata al desiderio di omaggiarne la memoria. E pare infatti che il giovane Alì venisse benignamente trattato “come un figlio”; deduzione che si evince anche dal ritratto – con ogni probabilità commissionato dal Renier e da lui poi donato al pio istituto – nel quale il personaggio indossa un elegante cappello giallo oro, ornato di penne di struzzo, che vistosamente si fregia dello stemma inquartato di quel ramo della famiglia Zen. A una catena fissata all’elegante giubba azzurra bordata di pelliccia e ornata di nappine e passamanerie dorate, è appeso un prezioso orologio a cipolla. Nel campo superiore sinistro lo spazio di fondo è occupato dalle iscrizioni che ricordano il nuovo nome del catecumeno e la data del suo battesimo: «Ad maiorem Dei gloriam Lazaro Zen fu battezzato li 27 novembre 1770».
Il ritratto si pone come superbo esemplare della ritrattistica di Francesco Guardi nella pienezza della sua maturità e dei suoi mezzi espressivi. La data 1770 che lo splendido dipinto reca, offre un prezioso riferimento cronologico certo nel catalogo dell’artista, avvicinando questa magistrale prova alla Madonna del Museo Civico di Padova o al Ritratto del giovane Bortolo i Gradenigo in uniforme del Museum of Fine Arts di Springfield.
Da: Gioielli nascosti di Venezia