LUNI NO SE LAVORA, MARTI SE TAJA FORA, ECC… LE FESTIVITA’ DAL LAVORO
Negli “Statuta” propri ad ogni Corporazione si stabilivano i giorni i festività in accordo con ma magistratura statale preposta, a Venezia, o con l’autorità locale (Terraferma). In questo settore l’autorità doveva tener conto degli interessi, magari divergenti, dei produttori – artigiani dei cittadini – consumatori.
Via via che si svilupperanno, con il passaggio alla manifattura, forme di produzione sempre meno flessibili, le irregolarità del ciclo produttivo tenderanno a diminuire. A fine Settecento, in un contesto culturale ed economico profondamente mutato, si dirà che le feste vanno osservate “senza scomodo o danno dei cittadini”, prevedendo l’apertura festiva delle botteghe di pistori (fornai), spezieri da medicinali (farmacisti), biavaroli (fornitori di biada per cavalli) e altri esercizi pubblici essenziali.
Ma la disciplina del tempo di lavoro si affermerà pienamente solo con l’avvio e il consolidamento del processo di industrializzazione. Fino ad allora, sopravviveranno consuetudini artigianali, com quella illustrata ai vrsi di questa cantilena veneta:
-luni no se lavora, / marti se taja fora, / mercore se speta l’ora / xioba xe meza festa / venere xe de magro/ sabo se se lava la testa / e domenega no se lavora / parché xe festa.
Massimo Costantini, le corporazioni i mestiere.
E a proposito di lavori artigianali, questo è il Leone di Traù da me ricostruito da una foto d’epoca prima della distruzione. Misura cm 45 per 34 in marmorina, chi fosse interessato, mi contatti. eccolo con l’originale a fianco