MARZO MAGNO COME DARU’
A DEMOLIRE IL MITO VENEZIANO
Ci risiamo: ennesima sparata del noto giornalista scrittore veneziano (sic) sulla memoria e l’eredità storica di Venezia, in una missione distruggitrice che pare abbia lo scopo di convincere i Veneti di vivere “nel migliore dei mondi possibili”, e cioè quello italiota che ci ha donato la libertà dalla “tirannica” città stato di un tempo.
Non è un buon servizio alla divulgazione storica, non contestualizzare quanto si presenta: un metodo simile lo perseguì lo storico francese Daru, “compagno di merende” di Napoleone, che mise la pietra tombale sulla libertà dei Veneti (nel senso più ampio del termine) e dopo che fu proclamato il Regno d’Italia filofrancese il Daru si occupò di giustificare l’assassinio di Venezia proprio presentando il governo di quest’ultima come retto da tiranni oscurantisti, che usavano qualsiasi mezzo (compreso l’assassinio di stato) per mantenere il loro potere.
Noi sappiamo che Venezia era ben altro: le leggi erano le più liberali e giuste d’Europa, e i primi a rispettarle erano proprio i nobili che avevano talmente a cuore il bene pubblico (la res publica) da esser considerati quasi degli idolatri da papi e sovrani europei. Sta scritto, nero su bianco, su documenti d’epoca delle diplomazie italiane ed europee.
Come è scritto da ricercatori storici di fama indiscussa, la pena di morte e la tortura erano state praticamente abolite, già sul finire del Settecento, negli stati veneti. Dirò di più: a fine dell’ultimo secolo della sua vita, certamente aderendo allo spirito di innovazione del secolo dei Lumi, il Senato veneto aveva incaricato una Commissione di esperti, proprio per valutare anche l’abolizione definitiva e formale di queste, e se leggessimo il rapporto che era stato stilato, ci avremmo la giusta idea di quanto fosse progredita e civile Venezia rispetto al resto del mondo. Altro che veleni e assassini di stato! Ma parlarne in un saggio non farebbe vendere tante copie all’Autore da me criticato, ho il sospetto.
Lo dicono anche le statistiche, che smentiscono l’immagine di una Venezia sanguinaria alla Daru, o alla Marzo Magno: tra il Quattrocento e il Seicento, poche decine di esecuzioni l’anno… “Secondo vari storici quello descritto era il bilancio di una Giustizia mite. Ce ne accorgiamo facendo il confronto con le realtà coeve:
“Nel piccolissimo stato di Ferrara furono eseguite, tra il 1441 e il 1500, ben 293 condanne a morte, mentre la popolazione della città si aggirava tra i 30 e i 35mila abitanti. A Ginevra, con 18-20mila abitanti, vennero messi a morte, nel solo 1562, dodici uomini e due donne: tre colpevoli di ratto di fanciulli, tre assassini, tre ladri, due sodomiti, un falsario e due streghe”. Grendler “l’inquisizione”.
La nostra Repubblica – prosegue Edoardo Rubini, in Giustizia Veneta (prima edizione pagg 85-86) ha scomodato il carnefice con gran parsimonia riservando questa condanna così grave a casi eccezionali. I dati vanno riportati ai dati demografici: la popolazione dell’intero stato veneto varò da 1600 unità nel Cinquecento, a 2.635.000 unità nel Settecento. ”
Ditemi voi, cari lettori, se uno stato che aveva così in rispetto la vita dei suoi sudditi, poteva mantenere una sentina di assassini di stato tra le mura di palazzo ducale… Ecco quindi un tema che il nostro Alessandro Marzo Magno potrebbe approfondire, ma ho la quasi certezza che il Gazzettino, giornale che non ama temi “venetisti” essendo “italianista” dalla sua nascita, non gli dedicherebbe i titoli glamour, sopra mezza pagina del giornale, come quello in foto.
Che dite? Ho ragione? 😉
Così scrive un veneto, orgoglioso di considerare la Dominante, come la sua eterna Capitale.