MERCURIO BUA, UN TEMIBILE STRADIOTO ALBANESE AL SERVIZIO DI SAN MARCO.
Di Millo Bozzolan
Se capitate nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Treviso, vi colpirà certamente un grandioso monumento funebre, dedicato al Conte Mercurio Bua, opera del Bambaia. Nella chiesa, in perfetta nemesi, sono conservate anche le catene, deposte come ex voto, di un suo prigioniero. Trovo in Wikipedia:
Girolamo Miani – ironia del destino – aveva portato le proprie catene in ex voto alla Madonna; quello stesso santuario che, nel1882, diventò proprietà dei Chierici Regolari di Somasca, ordine fondato dallo stesso Miani dopo la prigionia e la miracolosa liberazione. Lo splendido sarcofago marmoreo nel quale fu riposta la salma di Mercurio Bua, visibile tutt’oggi in detta chiesa, è opera dello scultore lombardo Agostino Busti, detto il Bambaia, originariamente destinato al musicologo Franchino Gaffurio e trafugato dal Bua stesso dalla Certosa di Pavia, durante il sacco della città del 1528.
Tornando al nostro Conte: un suo discendente ne riassunse la carriera mirabolante, tacendone magari le stragi di civili, e il taglio delle teste dei nemici, come era consuetudine degli stradioti, facendo incidere una lapide sul monumento funebre:
« Al conte Mercurio Bua dei principi del Peloponneso,comandante dei [cavalieri] epiroti,il quale,
dopo aver più volte battuto i Francesi che combattevano contro gli Aragonesi
e averli cacciati dal regno di Napoli,
dopo aver restituito la libertà a Pisa
e a Ludovico Sforza il ducato di Milano,
dopo essere stato messo in fuga dal Trivulzio, una volta espugnata Novara
e, avendo sconfitto Pavia in battaglia,
di lì portò via questo sepolcro degno d’un re come prezioso bottino di guerra;
e dopo aver restituito Bologna a papa Giulio II
e ricondotto i Bavaresi sotto l’autorità dell’imperatore Massimiliano,
dopo aver difeso dagli Svizzeri, a Marignano, Francesco I re di Francia, alleato dei Veneziani;
ed infine dopo essere divenuto comandante supremo dell’intero esercito a seguito della morte dell’Alviano
e dopo aver sbaragliato gli Spagnoli presso Verona,
ammirevole per l’abilità militare,
qui riposa in pace per l’eternità.
Francesco Agolanti, nobile trevigiano, pronipote di sua nipote,
[qui] pose,
nell’anno di Salvezza 1637. »
Maurizio Bua era discendente della famiglia principesca di origine albanese dei Bua Spata, stabilitasi nel Peloponneso. I suoi antenati erano stati despoti di Angelocastro e di Arta, oltreché baroni del despotato di Morea. Dopo la conquista ottomana della penisola ellenica (1460), Pietro Bua, padre di Maurizio, era stato acclamato capo degli albanesi di Grecia].Il Bua si trasferì giovanissimo a Venezia, a seguito della morte del padre (circa 1489), e qui cambiò il proprio nome da Maurizio in Mercurio.
LA GUERRA DI CAMBRAI contro i veneti.
A partire dal 1509, dopo lo scoppio della Terza guerra d’Italia (detta anche guerra della Lega di Cambrai), ritornò in Italia, compiendo saccheggi e scorribande proprio nei territori di quella Repubblica Veneta che per prima l’aveva accolto: sono note sue scorrerie nei contadi di Bassano, Soave, Caldiero, Cittadella, Castelfranco, Nervesa e presso le colline del Montello; conquistò i castelli di Lonigo (dove compì un’orribile strage massacrando più di 1.500 abitanti e dando fuoco alle loro abitazioni[4]), Gradisca d’Isonzo e Castelnuovo del Garda. Il 9 maggio di quell’anno partecipò alla celebre battaglia di Agnadello, travolgendo le truppe del condottiero veneziano Bartolomeo d’Alviano. Prese parte, inoltre, agli assedi di Padova (1509) e Treviso (1511). È forse in questo periodo (nel1510) che Massimiliano d’Asburgo investì il Bua del rango di conte del Sacro Romano Impero con i predicati di Ilaz e Suave.
Il Bua si rese celebre, in questi anni, anche per la presa del castello di Quero (1509), un fortilizio veneziano costruito lungo il Piave ai piedi delle Prealpi bellunesi: un poemetto celebrativo greco del secolo XVI narra che il Bua si gettò a nuoto nel fiume, seguito dai suoi, aggirando i difensori e cogliendoli di sorpresa. Prigioniero d’eccellenza fu il capitano del castello, Gerolamo Emiliani, appartenente alla famiglia patrizia dei Miani, il quale, incatenato e costretto a seguire gli stradiotti del Bua nelle loro scorribande nell’altotrevigiano (e non incarcerato nelle segrete del castello come si crede[8]), sarebbe poi stato miracolosamente liberato per intercessione della Madonna. Rientrato a Treviso dopo la prigionia, il Miani portò in ex voto le proprie catene (ancora oggi visibili) al venerato affresco della Madonna col Bambino, nella chiesa di Santa Fosca in Santa Maria Maggiore.
Nell’estate del 1513, Mercurio Bua affrontò 200 stradiotti veneziani presso Padova. Durante lo scontro che ne seguì, un suo uomo si sarebbe fatto volontariamente catturare al fine di intavolare, per conto del Bua, delle trattative con gli avversari. Dopo aver ottenuto un salvacondotto dall’Alviano ed un incontro con il Provveditore Giovanni Vitturi e lo stesso Alviano, disertò l’esercito imperiale per passare nuovamente sotto le insegne marciane, al servizio delle quali avrebbe combattuto per il resto della propria vita. Raggiunta Venezia, il Bua venne ricevuto dal doge Leonardo Loredan, e a costui chiese che gli fosse assegnato il comando di tutti gli stradiotti: tale richiesta trovò, tuttavia, notevoli resistenze, specie tra i cavalieri di nazionalità greca.
Insomma, una vita degna di un film …. noterete il realismo dei Padri veneziani che, soppesando il suo valore di uomo d’arme, dimenticarono ogni offesa precedente, e lo ingaggiarono, con reciproca soddisfazione. Credo proprio che il “Conte” Bua, meritasse una nota a parte.
Era greco arvanito, non era “Albanese” nel senso corrente.
Li Arvaniti erano Albanesi.
Non è più il tempo di una volta quando scrivevano la storia secondo la convenienza, quindi prima di dare versioni leggi la storia dei Iliri, della Iliria non per miei interessi, ma per arricchire il suo bagaglio storico con tantissime verità che erano scomode da raccontare.
Si e proprio cosi. Ma il fatto sta che noi albanesi abbiamo tradito noi stessi combattendo da sempre uno contro l’altro finché siamo ridotti a un pugno di mosche oggi che conta di più in Europa uno zingaro dell est
Greco Arvanito ?
E quale era la lingua che parlavano questi ? Se non lo sai te lo dico io : L’albanese nel senso corrente. Per informazione dovresti saperlo che la parola “Grecia e greco” risale al 1821 . Quindi è infantile il tuo sforzo a far passare Merkur Bua per “greco” .
Era ALBANESE e aveva sotto i suoi comandi solo albanesi , unità da 200 ad un massimo di 800 combattenti.
Sarei un poco stanco dei vostri commenti, cari amici albanesi. Credo che abbiate qualche problema con i greci, non so se la Grecia debba diventare Albania nei vostri sogni, mi auguro di no. La Grecia esiste da millenni, anche se ha riottenuto l’indipendenza dopo l’invasione musulmana da un pai di secoli. O magari dite che Aristotele e Platone erano albanesi? Vedete di andar d’accordo, invece, i Balcani di guerre ne hanno avute anche troppe.. io sono Veneto, italiano per forza, ma non pretendo di invadere il Friuli perché una volta era veneto. Se si vorranno aggregare a noi, ben vengano, ma con la loro identità friulana, come un tempo. Mi stia bene, io ho riportato quanto i libri di storia riportano.
Nessun problema con i greci, i greci ci vanno bene fin quando non si appropriano dei nostri eroi e delle nostre terre ,cosa e avviene da millenni !
Poi tu ti devi fare la tua opinione ma senza darci lezioni di comportamento!
Ti auguro buona vita !
Era albanese , nella lingua greka arvanit=albanese. La origina di famiglia Shpata era di Albania di sud.
Volevo solo precisare perché è una tema molto sensibile. E qui chiudo il discorso ringraziarla veramente per aver parlato della figura di Merkur Bua.
Tante belle cose.
Egregio Dr Bozzolan, se alcuni miei conazionali fanno delle puntualizzazioni sulla provenienza di Bua Mercurio, non c’è niente di male.
Vede, per alcuni che si trovano dalla parte dei grandi, belli, e simpatici è facile deridere i più deboli e coloro che hanno sofferto le ingiustizie per secoli e secoli con dei progetti mirati nel tempo, quindi quando una cosa è giusta va detta. Dare a Cesare, ciò che è di Cesare.
Non va bene nascondere la verità ! Merkur Shpata era Arber!