OLTREMARINI DETTI “SCHIAVONI” L’UNIFORME. La sua riproduzione.
C’è POCO DA AGGIUNGERE all’illustrazione che riprende fedelmente una stampa conservata all’archivio di stato di Venezia. Eppure in questo ventennio ho visto di tutto, indossato da schiavoni imbarazzanti con alamari improbabili e berrettoni somiglianti a vasi da fiori rovesciati, con piastre mai presenti nelle uniformi in qualsiasi epoca.

La mia ricostruzione della bassa montura. Il cinturone reggeva il pugnale e la pistola fuori ordinanza, come gli stivaletti del resto, e andava ricoperta dalla fusciacca in seta gialla (sciarpa) intorno alla vita.
ARMI IN DOTAZIONE
Erano un fucile privo di cinghia dato che i dalmatini per loro tradizione, lo portavano baldanzosamente sulla spalla. Un esempio lo troviamo ancora oggi guardando i rievocatori di di Sinj (Signa) che ripropongono con divise fedelissime, la truppa che difese vittoriosamente la loro cittadina dall’assedio musulmano nel 1715. Sfilano col fucile sulla spalla come certamente facevano i nostri amati oltremarini.
La spada era la classica schiavona, con il fodero facilmente ricostruibile, in legno (io avevo usato del compensato) foderato di lamierino di ottone. La forma l’avevo copiata anche dal libro di Per Francesco Favaloro. Ma basta guardare questa stampa (sotto) per averne un’idea.
Si tratta di un ufficiale oltremarino con la divisa in uso a metà Settecento. La stampa è della collezione Grevembroch. Il colbacco è in pelle d’orso, a distinzione del grado. Il soldato ne ha uno in pelle nera, che si può riprodurre facilmente usando un cilindro in cartone rivestito di simil pelle o pelle nera. All’interno si attaccherà sul bordo superiore, a pochi centimetri dall’estremità, il cappuccio di stoffa rosso cremisi (chermisino) di lana che ricadrà sulla destra. Semplice, no?
Nella bassa montura della illustrazione di apertura, quella a sinistra, noterete un berretto molto particolare, a volte quando il milite era non imbarcato, sostituito dal tricorno (non gradito dalle autorità, che preferivano il berretto etnico, ma in uso) o da un cappuccio semplice pendente sul dietro, in stoffa rossa. Questo che vediamo sulla illustrazione, è il copricapo in uso per l’imbarco, un cappuccio di lana rossa con un bordo di lana nera, che poteva evidentemente, coprire le orecchie durante il cattivo tempo, se abbassato alla bisogna.
CALZATURE
Stivaletto o scarponcino nero o testa di moro a quanto si capisce dall’illustrazione, con lacci. Io nella mia ricostruzione, avevo indossato uno stivaletto in crosta senza lacci, fuori ordinanza però… dato che la pelle non lavorata era la preferita nella buffetteria di questa truppa.

fodero schiavona fedelmente ricostruito
Una parola sui calzoni dette detti “Calzabrache” perché aderenti alle gambe. Sul dietro de polpacci, sottolineati da un cordone giallo nell’alta montura, vi erano probabilmente dei passanti di metallo che sostenevano un cordoncino il quale si tirava in modo che la stoffa aderisse strettamente alla gamba.
Sopra la bellissima replica del maestro spadaio Del Tin un tempo in mio possesso. Epoca metà Seicento.
LA CROATA (LA CRAVATTA)
E’ basilare che il nostro soldato, sia in bassa che in alta montura, indossi il fiocco detto “alla croata” da cui derivò il termine “cravatta”. Era un fiocco de tutto simile a quello usato dagli scolari fino agli anni ’50 del Novecento composto da due asole in seta ricavate dall’annodo di un nastro di seta bianca. Mi raccomando, eh!
UNIFORMI di ALTA MONTURA
Queste erano in genere del tutto simili traa loro dato che venivano fornite dallo stato veneto dopo l’arruolamento, mentre la bassa montura era a carico del colonnello comandante il reggimento. Così ho trovato scritto nel libro di francesco Favaloro, molto attendibile, “Uniformi dell’esercito veneziano del Settecento. Edito da Filippi, ma ormai introvabile.