Politeismo rurale
In Veneto la religione cattolica è fortemente radicata, d’altra parte è l’unica regione al mondo che custodisce le reliquie della metà degli Evangelisti.
I resti di San Marco e San Luca si trovano rispettivamente nella basilica a Venezia e a Padova in Santa Giustina. A causa di questo eccessivo attaccamento alla chiesa per molti anni i veneti sono stati bollati come “basabanchi” sempre spaccati tra sensi di colpa e voglia di vivere o voglia di ribellarsi senza mai trovare il coraggio di andare contro le consuetudini fortemente radicate.
Forse proprio per coprire queste accuse o forse per manifestare in modo continuo il proprio attaccamento alla chiesa nella parlata di un Veneto purosangue sono presenti da tempo immemore una varietà pressoché infinita di intercalari di derivazione religiosa si va dal classico “Maria Vergine!” generalmente usato dalle signore per bene, alle esclamazioni più comuni e relative alle situazioni meteorologiche del tipo “Ghe on tenpo del la Madonna!” oppure “Ghe un nebiaro della Madonna!” o ancora “ Piove che Dio è la manda!”.
Quando non si trattava della solita pioggerellina. A seconda poi dell’intensità e gravità della situazione, i più eruditi in materia saranno in grado di sciorinare tutta una serie di interiezioni o esclamazioni più o meno colorite che in un’ipotetica scala valori in senso crescente partono dal pòrco alla rasia alla saraca per passare poi all’ostia e arrivare finalmente alla biastema o bastiema vera e propria.
Non si tratta di un turpiloquio gratuito, anzi, dal momento che è universalmente risaputo che le più antiche civiltà erano politeiste, per non essere da meno l’indigeno Veneto ha sviluppato una propria forma di politeismo rurale in memoria dei suoi avi contadini.
Egli ha elevato perciò a suprema divinità il gallo che dà la sveglia mattutina e fa iniziare la giornata, il cane che difende la proprietà e recupera le greggi, il porco di cui non si butta via niente, il bue, umile e servile locomotore contadino, la vacca animale che produce il latte e fornisce il letame. Far riferimento continuamente al politeismo rurale per molti è una specie di mantra che va ripetuto e usato come intercalare continuo o come rafforzativo del discorso.
L’abitudine al politeismo rurale è talmente diffusa e radicata tra tutti i ceti sociali e livelli d’istruzione che negli esercizi pubblici fino a metà degli anni ottanta era possibile trovare cartelli che esortavano a un linguaggio più sobrio. Col tempo qualcuno ha fatto sparire i cartelli chiedendo di eliminare il problema che invece è rimasto tendere l’orecchio per credere. Ma il proverbio dice “La bestèma gira, gira, torna in coste a chi la tira”