San Girolamo Miani – 08 febbraio
di Theusk
Girolamo Miani nasce a Venezia nel 1486 da una famiglia patrizia ma non molto facoltosa che esercitava la mercatura della lana.
Era originario dell’entroterra veneziano e la variante “Emiliani” con la quale viene spesso storpiato il cognome è ancora una volta l’intento di alcuni biografi italiani di far risalire le origini del santo ad una casata (gens) romana: quella degli Emilii.
Girolamo era il più giovane di quattro figli che il padre Angelo ebbe dal suo 2° matrimonio con Eleonora, figlia di Carlo Morosini.
Non si hanno notizie relative all’infanzia e all’adolescenza di Girolamo ma si sa che a dieci anni rimane orfano del padre, impiccatosi per motivi sconosciuti.
Nel 1506 il Miani partecipa al sorteggio del Maggior Consiglio, come spettava di diritto ai patrizi che avessero compiuto il venticinquesimo anno d’età e, come esponente del Maggior Consiglio prende parte nel 1509 alla guerra che la Lega di Cambrai mosse contro Venezia finendo prigioniero.
In carcere vive un profondo travaglio interiore che lo induce a rivolgersi alla Vergine, in particolare all’immagine della chiesa della Madonna Grande di Treviso, facendo voti, una volta riconquistata la libertà, di recarsi a renderle omaggio in veste di penitente e con la promessa di abbandonare lo stile di vita condotto sino a quel momento.
Si dice che la Madonna esaudí le sue preghiere, che lo liberó dalle catene, che gli aprì la cella e lo fece passare inosservato attraverso le linee nemiche.
Girolamo si reca subito a Treviso portando con sé e deponendo sull’altare gli strumenti della sua detenzione: i ceppi e la palla di marmo che portava al collo legata ad una catena.
Dopo il trattato di Noyon, Girolamo si prende cura dei nipoti, figli del fratello Luca, deceduto, e in questo periodo forse scaturì l’idea di fondare un istituto per soccorrere gli orfani . Nel 1528 si diffuse in tutta la penisola una grande carestia, aggravata dal diffondersi della peste che indusse molta gente, informata sulle migliori condizioni di vita in Veneto, a riversarsi in tutto il territorio ma specialmente a Venezia.
Miani spende tutto il denaro che possiede, arrivando persino a vendere il mobilio di casa, e si unisce ad altri volontari veneziani per prestare aiuto. Contagiato anche lui dalla peste, accetta con rassegnazione il suo destino ma inaspettatamente guarisce e può finalmente ritornare alla sua attività di benefattore. Assume maestri ed artigiani creando una scuola di arti e mestieri per insegnare ai ragazzi orfani un lavoro e il suo principio pedagogico sarà: “preghiera, carità e lavoro”.
Tra il 1532 e il 1533, costituisce la prima comunità a Bergamo sotto la guida di padre Agostino Barili e nel 1534 anche una comunità somasca. Continua a prestare la sua opera tra Veneto e Lombardia e per i suoi frequenti spostamenti viene chiamato “il vagabondo di Dio“.
Nel 1537 viene di nuovo contagiato dalla peste e l’8 febbraio muore.
Si dice che prima di spirare egli abbia tracciato con un liquido una croce sulla parete per poter contemplare il Crocifisso durante l’agonia e che avesse chiamato a sè i suoi orfani per l’ultimo saluto e per lavare loro i piedi con le ultime forze rimaste.