Somiglianze inspiegabili, legano l’Austria, la Slovenia, il Triveneto, l’Istria
di Europa Veneta
IL RENGO, L’ASSEMBLEA POPOLARE VENETA CHE CONTROLLA IL POTERE POLITICO, come nasce la Repubblica dei Veneti.
Europa Veneta Volevamo salutare il sig. Klopotec Izpod Orehov e dirgli che gli studi di Edoardo Rubini riportati nel libro “Giustizia Veneta” hanno evidenziato fortissime somiglianze tra i sistemi politici altomedievali in un’area vasta, comprendente la Venetiae (Veneto, Friuli, Trentino, ecc.), la Stiria, la Carinzia, l’Istria, l’attuale Slovenia.
Si tratta del sistema delle assemblee popolari, che in Veneto erano dette “arengo”; nel libro è spiegato fin nei dettagli come questo sistema politico rappresenta una sopravvivenza delle consuetudini dei Veneti antichi: infatti non spiega altrimenti come mai tutte le zone in cui si rinvengono le iscrizioni venetiche e dove sussisteva l’arte delle situle, dopo la caduta dell’Impero romano emerge un diritto pubblico articolato e complesso, non riconducibile né a Romani, né a Bizantini, né a Goti, né a Longobardi, né a Franchi. Per inciso aggiungiamo che se nel Veneto intorno al I sec. d.C. il Venetico ha cominciato a lasciare il posto al Latino, ciò non vuol dire che quella nazione sia scomparsa (sono d’area veneta, tra l’atro, le prime forme di volgare scritto, vedi l’indovinello veronese vergato tra l’VIII secolo e l’inizio del IX), cosa analoga è accaduta agli Austriaci, che dopo il Venetico a lungo conservarono lo Sloveno, prima della diffusione del Tedesco, lingua aulica usata dagli Imperatori. Ecco un estratto:
«Somiglianze inspiegabili, se prescindessimo dalle profonde radici comuni, legano l’Austria, la Slovenia, il Triveneto, l’Istria: queste terre portavano i nomi di Raetia, Noricum, Venetia et Histria e formavano il grande comprensorio alpino-adriatico, connotato da profonde affinità etniche. In tutte queste zone durante il Medioevo operarono assemblee popolari come strutture di natura costituzionale, con funzioni deliberative e/o giudiziarie, dotate di articolazione interna.
Ci si domanderà: come poté l’assemblea comunitaria dei Veneti antichi sfociare nell’Arengo altomedievale rimuovendo le modificazioni istituzionali avvenute in età imperiale? Le fonti storiche ci ammaestrano su un punto fondamentale: l’organizzazione religiosa fece da scheletro alla struttura politica. Gli istituti politici romani furono tralasciati dai Veneti e dimenticati perché la struttura sociale sottostante era tenuta insieme dal collante della Fede comunitaria; la stessa gerarchia ecclesiastica, depositaria dell’identità collettiva, stimolò la nascita di nuove rappresentanze politiche sottoforma di schietta emanazione del popolo; la Pieve, circoscrizione religiosa, era il popolo stesso, come evidenzia lo stesso concetto di plebs racchiuso nella sua radice etimologica. Così sappiamo che fu il Patriarca di Grado Cristoforo a promuovere ad Eraclea l’istituzione del Dogado nell’Arengo del 697 e ancora nel 942 troviamo il Patriarca di Grado Marin Contarini che presiede a Rivoalto l’Arengo che elegge Pietro Candiano III a Doge.
Se si considera il famoso rito di intronizzazione del Duca di Carantania che si teneva in lingua slovena presso Krnski grad/Karnburg in Carinzia (ŠAVLI), si coglie una concezione dell’autorità pubblica ed uno stile di governo assai vicini a quello veneziano. Più che come regnante la figura del duca si atteggia a capo di Stato, personificazione della sovranità in quanto espressione del popolo. Il giuramento di fedeltà che è obbligato a pronunciare è un atto pubblico: la sua autorità, quindi, discende dalle leggi e dai diritti che il popolo gli trasferisce. Il potere politico non risponde ad una concezione soggettiva, ma esprime la dimensione oggettiva e collettiva propria di un vero Stato, essendo inoltre frutto di un’elezione popolare. A Venezia persino le leggi erano deliberate con il sistema delle Promissioni: quando dovevano approvarle, gli organi di governo e l’assemblea popolare giuravano pubblicamente, sicché gli storici del diritto parlano di “concezione pattizia del diritto” a somiglianza dei pacta germanici, in contrapposizione con le concezioni autoritarie del diritto romano (ZORDAN,). Ma le coincidenze abbracciano anche i dettagli. In tutti i territori sopra descritti vi erano organi di governo con dodici membri: come la dvanajstija era l’antico collegio di saggi tipico della Slovenia (vigeva anche presso le comunità slovene di Antro e Merso in Friuli) (POVASNICA – D’ESTE), così anche l’antico Consesso tribunizio veneziano – di cui ci parla Vettor Sandi – contava dodici membri, a reggere una confederazione di dodici isole lagunari. Ancora, in tutti questi territori le riunioni pubbliche si tenevano all’ombra di una particolare specie di albero: il tiglio.
Tanti paesi sloveni ed istriani serbano ancora un esemplare di tiglio in piazza o vicino alla chiesa, mentre un paesetto del Friuli porta tuttora il suo nome in sloveno, “Lipa”. Esso però nell’antichità figurava anche nei paesi veneti: la Magnifica Comunità di Cadore, ad esempio, lo porta ancora sul suo stemma come pure i Comuni di San Vito di Cadore, di Lusevera, di Teglio Veneto. Nel Medioevo, sia l’elezione del Duca di Carantania, sia quella del Dux Venetiarum era salutata dal canto popolare di ringraziamento Kyrie eleison. Veniamo, dunque, a Venezia. La massima funzione svolta dall’Arengo dal 697 fino al 1268 fu quella di eleggere il Doge. In occasione dell’investitura per acclamazione di Domenico Selvo, avvenuta nel 1071, il luogo prescelto fu il litorale di Olivolo vicino al sagrato della basilica romanica di S. Nicolò (voluta dal Doge Domenico Contarini ed inaugurata nel 1053), posta all’estremità settentrionale del Lido, come attestato dalla narrazione del chierico Domenico Tino (MARANINI); in seguito il luogo deputato alla solenne consultazione fu la basilica marciana e la piazza antistante. Questa funzione era però solo un aspetto di quel vasto sistema democratico, che risaliva agli albori della civiltà».