Tutti concordi nei talk L’islam non c’entra col terrorismo islamico
Di Vittorio Feltri
Il giorno dopo l’ecatombe di Bruxelles nessun quotidiano italiano ha usato nei titoli il termine islam.
Mia nonna, che se la tirava da opinionista, diceva di non avere paura tanto della guerra quanto del dopoguerra, allorché si moltiplicano gli storici improvvisati con la pretesa di spiegare al volgo cosa è successo e perché.
Non aveva torto. Me ne rendo conto ascoltando le teorie dei conduttori di talk show impegnati da una settimana circa a scoprire i motivi che spingono i terroristi a compiere stragi. Ci fosse un giornalista uno che si attenesse ai fatti. Tutti puntano a interpretare gli antefatti sul piano sociologico.
Attribuiscono la violenza alla ghettizzazione degli immigrati, fonte di odio nei confronti di una civiltà, quella occidentale, che li ha emarginati ed esclusi dal benessere, dagli agi borghesi, dalla ricchezza mal distribuita.Vi sarà anche del vero in questi ragionamenti, non ho elementi per negarlo.
Mi limito a osservare che non un solo collega al timone di programmi giornalistici è stato capace di presentare, se non analizzare, la realtà come è. Se un ospite in studio si azzarda a dire che siamo di fronte a un conflitto di matrice religiosa, viene guardato quale appestato, indegno del diritto di parola.
Fosse in vita Oriana Fallaci, che la sapeva lunga sui musulmani e i loro scopi, e ripetesse in tivù quanto scritto nei propri libri profetici, sarebbe spernacchiata, trattata quale povera deficiente, incolta e priva di scrupoli.È noto a chiunque un particolare non irrilevante: da lustri ormai i terroristi tagliano gole, schiavizzano donne, ardono vivi gli oppositori, provocano stragi mostruose in nome e per conto di Allah. Mentre ammazzano si autodenunciano. Sono talmente fuori di testa da uccidersi per uccidere noi infedeli, noi però ci ostiniamo a gridare che la religione non c’entra.
Maometto sarebbe un pretesto escogitato dai kamikaze per giustificare il proprio sacrificio. Li facciamo più idioti di quanto siano. Non riusciamo a capire che dei giovani uomini si facciano saltare per aria nella speranza, una volta nell’aldilà, di godere dei piaceri carnali offerti da Allah, per esempio una moltitudine di vergini disponibili. A noi viene da ridere al pensiero che vi sia gente in grado di bersi certe assurdità. Ma se non mancano coloro che si straziano volontariamente, votandosi alla morte quasi fosse una passeggiata fuori porta, esisterà un movente leggermente più importante delle esigenze belliche dell’Isis.
Non fosse così, il terrorismo islamista sarebbe esclusivamente materia psichiatrica.Non vi è dubbio. L’irrazionalità non è estranea al fenomeno di cui ci occupiamo, ma non può che essere alimentata dal bigottismo musulmano, altrimenti prevarrebbe sui candidati al martirio l’istinto di conservazione. Soltanto chi crede all’incredibile (invisibile) ha la forza di ridursi in brandelli e di massacrare propri simili con la disinvoltura con cui uno normale va al cinema. Ciò non basta a persuadere i signori conduttori televisivi che quella in atto è una guerra di religione.
Il giorno dopo l’ecatombe di Bruxelles nessun quotidiano italiano ha usato nei titoli (non nei testi, caro Travaglio) il termine islam. Concludiamo in bellezza. Papa Francesco ha identificato nei venditori di armi i responsabili degli attentati. Come dire: Gesù fu giustiziato per colpa dei falegnami che costruirono la croce. Tra l’altro, il padre della vittima era appunto falegname, come del resto Cristo stesso. Cancelliamo san Giuseppe dal calendario? E gridiamo alla faida familiare?