Eroe per l’Italia, era invece considerato un vero macellaio dagli alpini e dai fanti, dato che la sua comparsa al fronte significava solo attacchi allo scoperto e carneficine senza senso. Parlo del Generale Cantore di cui Emilio Lussu, testimone oculare, descrisse le gesta di un personaggio simile (gen. Leone), che mi dicono era Giacinto Ferrero . Quando arrivava lui tutti si toccavano gli attributi e scrivevano le ultime righe a casa. E si auguravano la sua morte, considerandolo un alleato degli austriaci.
E’ conservato un suo cimelio, il kepì che indossava al momento della morte per mano di un cecchino. Ma, dato l’odio della truppa, e i casi analoghi di ufficiali “zelanti” fucilati alle spalle da fuoco amico, l’articolo esamina le varie ipotesi sulla morte.
Poteva esser stato colpito anche da un tiratore di Cortina, motivato dal fatto che l’offensiva italiana avrebbe significato la distruzione certa della cittadina, già allora un centro turistico internazionale.
“Era italiano o austriaco il cecchino che il 20 luglio del 1915 sulle Tofane uccise il generale Antonio Cantore? Ed a trapassare il cranio dell’ufficiale fu un proiettile calibro 8 millimetri austriaco o un 6.5 millimiteri italiano? A distanza di novant’anni l’interrogativo è ancora aperto.Il foro lasciato dal proiettile sulla visiera del berretto non basta, da solo, a risolvere l’enigma. Perché il cuoio col passare degli anni si è ristretto ed ora, da quel foro, è impossibile stabilire con certezza il calibro ed il tipo di arma impiegata.
Solo la riesumazione dei resti della vittima, con il relativo esame del cranio, potrebbe eventualmente fornire una risposta certa sul tipo di fucile imbracciato dal cecchino…..
E’ il pomeriggio del 20 luglio 1915 a Forcella Fontana Negra, nelle Tofane, quando il generale, rimane fermo, impassibile a due proiettili che lo sfiorano. E cade subito dopo colpito mortalmente da un terzo colpo che lo centra in piena fronte forando la visiera del berretto che portava abbassato sul capo.
IL MACELLAIO
Nato a Sampierdarena (Genova) 55 anni prima, il ‘Padre degli Alpini” si era fatto notare nella Guerra di Libia dove comandava il Reggimento Speciale Alpino formato dai Battaglioni Susa, Vestone e Tolmezzo. Poi, all’inizio della Prima guerra mondiale, viene promosso generale di divisione in seguito alle azioni brillanti sul Monte Baldo del maggio del 1915. E viene quindi assegnato sul fronte delle Tofane, in sostituzione del collega Saverio Nasalli Rocca, accusato di essere troppo tenero nel comando. Pare addirittura che interi battaglioni si fossero rifiutati di combattere.
Anche perché da 400 anni Cortina d’Ampezzo era sotto il dominio austriaco che peraltro aveva governato con una amministrazione corretta e rispettosa delle tradizioni (nelle scuole si insegnava l’italiano) e dunque non c’era alcun motivo di ostilità.
La fama di Cantore tra la truppa, invece, nella versione non ortodossa, era quella di un militare fanatico, che li avrebbe certamente condotti alla morte. Il piano che andò ad illustrare la mattina del 20 luglio 1915, quando uscito dall’Hotel Posta raggiunse il villaggio Vervei dove alloggiavano i suoi ufficiali, prevedeva l’intera evacuazione della popolazione civile di Cortina. Dopodiché sarebbe seguito l’attacco frontale alle postazioni austriache che si trovavano a quota 1800 metri. Come dire che i soldati italiani, dalle loro trincee a 1300 metri avrebbero dovuto risalire la montagna per circa 500 metri sotto il fuoco degli austro-ungarici. Un sicuro bagno di sangue al quale gli austriaci avrebbero fatto seguire la distruzione della città, grandi alberghi compresi (Cortina all’epoca era già un centro turistico internazionale). Tanti buoni motivi, insomma, che avvalorano la tesi dell’uccisione del generale per mano italiana.
Benché la storiografia ufficiale e la retorica dell’epoca lo dipingano come un ‘esempio costante e fulgido di indomito ardimento alle sue truppe”, contrapposta alla vox populi che, come abbiamo detto, demolisce ‘quell’anima eroica degli Alpini, salda come le rupi che lo videro cadere colpito in fronte, ardente come la fede per cui mori”,…come recita l’epigrafe sul poderoso obelisco eretto in sua memoria a Cortina d’Ampezzo. A distanza di 90 anni, non è nemmeno possibile determinare se sia stato un proiettile calibro 8 mm. proveniente da un Mannlicher austo-ungarico di un cecchino nemico, oppure un calibro 6,5 mm. esploso dal’91 di un italiano a forare la visiera in cuoio del kepi del generale.
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L’articolo contiene molte inesattezze e anche qualche falsità sulla vicenda di cui si occupa. In particolare è assolutamente falso che il gen. Cantore fosse considerato dai suoi uomini “un vero macellaio”, era anzi stimato e apprezzato. Renzo Boccardi, ufficiale degli alpini, nel suo libro “Uomini contro montagne”, ricorda il commento degli alpini veneti al suo arrivo in Cadore: “Se ghe xe Cantore, i mucch pol far fagoto”. E Piero Pieri, storico e ufficiale alpino, così descrive la sua attività di comandante: “Eccolo subito a girare per il settore, a rendersi conto di persona d’ogni particolare, sempre in mezzo ai suoi soldati di cui suscita l’entusiasmo”.
E’ opinione diffusa tra gli esperti che il foro nel berretto non sia una prova sicura che il proiettile fosse italiano (gli austriaci avevano anche armi di quel calibro e non solo i Mannlicher cal. 8) e poi il generale si trovava nell’estremo avamposto italiano a circa 200 metri dalle linee austriache, i suoi soldati gli stavano dietro o al massimo a lato: colpirlo in fronte era difficile se non impossibile ed egli fu colpito solo al secondo o terzo colpo. Possibile che un soldato facesse il tiro a segno sul suo generale senza che nessun ufficiale intervenisse?
Francamente questa ipotesi pare del tutto insostenibile.
L’articolo per dimostrare l’assurdità delle pretese di Cantore afferma che “i soldati italiani, dalle loro trincee a 1300 metri avrebbero dovuto risalire la montagna per circa 500 metri sotto il fuoco degli austro-ungarici. Un sicuro bagno di sangue al quale gli austriaci avrebbero fatto seguire la distruzione della città”. Ma questo è esattamente ciò che fecero i nostri soldati occupando le tre Tofane e presidiandone le cime senza che gli austriaci distruggessero alcunché.
Ciao Bruno,
perdonaci per il ritardo nell’approvazione, ma il sito è stato in una fase di stallo per un po’,
tornando al tuo commento sfortunatamente Millo non è più qui per rispondere, ci annotiamo quindi le tue segnalazioni e faremo delle ricerche in merito. Grazie per il feedback e alla prossima!