ZENTE D’ARME A VENEZIA. LA CAVALLERIA PESANTE. Prigioniera al Louvre?
Mi chiedo come mai sia finita al Louvre anche questa opera. Razziata dai francesi? Sarebbe interessante saperlo, dato che non ho trovato notizie in merito… Ma il quadro famoso ci permette di presentare in qualche riga la “zente d’arme” al servizio di Venezia durante il Rinascimento.
“Chi visita il Louvre può ammirare tra i preziosi dipinti la Madonna della Vittoria , terminata nel 1496 da Andrea Mantegna.
Inginocchiato ai piedi della Vergine, che verso di lui si volge con gesto di protezione, è Francesco Gonzaga, il committente, che ringrazia della buona sorte, della vittoria nella battaglia di Fornovo dell’anno precedente, contro i Francesi.
Sull’armatura d’acciaio indossa una lunga sopravveste di broccato, verde e rosso. Lo stesso anno, il Sanudo riporta tra la “Zente” di Venezia per l’appunto “el signor Marchese di Mantoa” con “homeni d’arme 300, cavalli 1200”.
Si è iniziato dunque, con la descrizione di un condottiero, il discorso su quello che possiamo chiamare il crpo nobile dell’esercito della Serenissima. Tale infatti è il carattere preminente della sua cavalleria pesante, la cavalleria “di grave armatura” o, con termine più vigoroso, “la zente d’arme”.
Locuzioni che non solo necessitano di spiegazione, ma danno immediatamente la sensazione di cosa si trattasse: d’una compatta massa d’acciaio, d’una forza d’urto che doveva travolgere sul campo cavalieri e fanti avversari.
Questa dunque la prima idea dell’impiego di una cavalleria pesante, che non si risparmiò, soprattutto, durante le guerre condotte dai veneziani in Italia nei due secoli XV° e XVI°.
Ma solo alla fine del Trecento a Venezia si incominciò a pensare alla formazione di reparti di cavalleria, quando si pensò ad espandersi nella terraferma. Del resto la cavalleria pesante è istituzione legata a quel concetto feudale della società che alla mentalità veneziana in senso proprio era alieno.
Nella tradizione della cavalleria veneta, l’elemento costante sarà dato infatti dalla presenza della nobiltà di terraferma, che non ha alcuna connessione di ascendenza con la città lagunare, né condivide la repulsione veneziana per il mestiere delle armi, al contrario di come pensava il resto della nobiltà europea…
E’ vero che non solo un Valaresso, ma anche un Gradenigo, tennero squadre di zente d’arme alla fine del quattrocento, ma si tratta solo delle eccezioni che, a detta di tutti, confermano la regola.
Al comando delle truppe venete di terra troviamo a lungo un capitano di ventura dietro l’altro, dal Carmagnola, al gattamelata, al Colleoni….
tratto da “Le trionfanti armate venete” di Ennio Concina Filippi ed.re Venezia.