1945: I PARTIGIANI VENETI SI BATTEVANO PER UNA FORTE AUTONOMIA REGIONALE (salvo a esser sconfessati dal PCI)
Nel 1944, anno cruciale della lotta partigiana, si usciva da una stagione, quella fascista, in cui il governo aveva esautorato ogni autonomia locale, tanto che anche i sindaci (podestà) erano di nomina romana. Di converso, una vena della sinistra aveva sempre visto con favore, rifacendosi a Cattaneo e ad altri federalisti storici, un decentramento dei poteri e a volte, negli anni venti aveva parlato nel Veneto addirittura di indipendenza. Nel 1944 il CLN del Veneto aveva avanzato la proposta, suggerita dal Partito d’Azione, di costituire un Consiglio della Regione Veneta, “in quanto rispondeva alle esigenze popolari e alla coscienza delle masse venete”, anche la DC veneta propose al CLNRV il progetto per la costituzione di un Consiglio Regionale. Aldo Lapredi, nel comunicare la notizia alla Direzione Nord del PCI sottolineò che ormai vi era la tendenza “sostenuta da tutti i partiti di affermare ed applicare l’autonomia della Regione nel quadro dello stato italiano”. Prevalse tuttavia nel PCI una forta opposizione a qualsiasi forma di autonomia e alle posizioni espresse in merito dalla DC e di altri partiti veneti. el 1945, a febbraio, il membro comunista del CLNRV dichiarò di opporsi a qualsiasi forma di “secessionismo regionalistico”, mettendo quindi una pietra tombale su ogni progetto. sunto da Venetismi pag 118 (Autonomia, regionalismo, localismo un percorso del Veneto del secondo dopoguerra, di Marco Borghi.