LA FANFALUCA DEI MARINAI VENETI CHE PARLAVANO IN PERFETTO TEDESCO.
Ogni tanto esce qualche ostinato “negazionista” anche tra gli storici e scrittori italo-veneziani i di cose venete, che nega fosse in uso tra gli equipaggi della marina austro-veneta, il “veneziano” (ossia la lingua veneta più o meno unificata) che parlavano tra loro ogni giorno. Questi signori pretenderebbero che gli equipaggi dalmati, veneti della laguna ed istriani, fossero in grado di capire alla perfezione gli ordini impartiti ogni giorno dagli ufficiali di madre lingua tedesca, che tra l’altro erano stati formati nella scuola militare di Venezia, come il famoso Tegethoff, che aveva ai suoi ordini equipaggi dai cognomi veneti o dalmati (controllare l’elenco dei decorati per la vittoria austro-veneta di Lissa, please!) . A nessuno risulta che ci fossero corsi di tedesco ad uso degli equipaggi, molto spesso formati da ex pescatori semi analfabeti.
Sappiamo invece che persino l’imperatore Francesco Giuseppe parlava il veneto, e da testimonianze che ho citato in un altro mio vecchio articolo (che spero di ripubblicare presto) così egli rispose a un giovane De Gasperi che perorava la causa dell’apertura di una università a Trento (mi pare fosse proprio a Trento, ma controllerò appena posso): “Mi voria, caro De Gasperi, ma i xe lori che no i vol! ” (Mi pare lo riporti come aneddoto Alvise Zorzi, in “Venezia austriaca”). Accennando sconsolato ai dignitari e ai funzionari della corte imperiale). E “Cecco Beppe” (come noi nel Triveneto lo chiamavamo familiarmente) parlava e capiva la nostra “lengua” proprio perché era quella usata dalla marina austro ungarica nella sua quasi totalità… Eccovi il primo intervento, dove si parla di lingua “italiana” ma si evince che i termini tecnici erano tutti veneti. Ed è logico e conseguente che il linguaggio degli equipaggi fosse il veneto dalmatino, come era sempre stato, fin dai tempi della Serenissima. Logico, no?? altro che corsi di tedesco per “ciosoti” e veneziani! Ma per favore…
“La gabara aveva armato il ghis de maestra e sprovinava”. Che tradotto, e opportunamente aggiornato, vuol dire che la nave da carico aveva tirato su la randa di maestra e stava volgendo la prua al vento. Giacomo Furlan, imperial regio maestro effettivo, nel 1913, fa uscire a Trieste dalla Tipografia del Lloyd, un compendio dei vocaboli e delle frasi che, egli dice, erano già allora “ormai sconosciuti o quasi ai nostri giovani marinai”. La fonte del suo lavoro, pubblicato in due riprese, trae lo spunto dal vocabolario nautico italiano-tedesco che il Weis aveva pubblicato sempre a Trieste nel 1852 ad uso dell’imperial regia marina da guerra austriaca.
Termini Nautici
Bisogna infatti considerare che la “forza” della marina austro-ungarica era costituita da ufficiali e marinai prevalentemente originari della costa adriatica che, nella lunga dominazione veneta, provenivano da tutte le terre un tempo occupate dalla Serenissima e cioè partendo dalle lagune venete fino ad arrivare ai confini estremi della Dalmazia.
I termini letterari italiani si confondevano quindi con il dialetto, anzi con i dialetti che parlavano i marittimi delle “vecchie province” e recepiti dalla pratica quotidiana diventano poi il gergo ufficiale della marina da guerra austriaca.
Nel 1833 la direzione del periodico austriaco “Mittheilungen aus dem Gebiete des Seewesens” aveva pubblicato a Pola il primo volume, compilato dal Dabovich, del grande e importantissimo “Dizionario tecnico nautico” delle lingue italiana, tedesca, francese e inglese, che, ci riferisce Giacomo Furlan, aveva ricevuto anche il plauso della “Rivista Marittima” di Roma .
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http://www.tuttobarche.it/magazine/storia-termini-nautici.html