Poi diminuì d’importanza; tuttavia, pur se non continuò ad essere una potenza europea di primo ordine, fu senza dubbio fino al principio del secolo XVIII il più potente stato italiano. Basta ricordare la titanica lotta da essa sostenuta nella seconda metà del secolo XVII contro l’Impero ottomano.
Con tutto ciò nelle Storie d’Italia non le è stato mai assegnato il posto che pure le compete e per il quale essa dovrebbe essere collocata in un risalto molto superiore a quello delle altre repubbliche marinare italiane, che mai raggiunsero la sua importanza. Basti ricordare che Amalfi, già nel 1173, era tributaria dei Normanni, che Pisa finì di essere potente nel 1284, dopo la sconfitta della Meloria, e che la stessa Genova, dopo aver perduta la sua potenza al principio del secolo XV, diventò uno stato di secondo ordine, prima soggetto ai duchi di Milano ed alla Francia e poi sotto l’influenza di questa o della Spagna.
In Italia i
domini di Venezia si estesero al Ven
eto, a parte del Trentino, alle provincie oggi lombarde di Brescia, Bergamo, Crema e Cremona, ed a varie città della Romagna e della Puglia. Al di là dell’Adriatico pro-tese il suo scettro sull’Istria, sulla Dalmazia, sull’Albania e sulle isole Ionie. In Oriente le appartenne buona parte della Grecia con Negroponte, l’Arcipelago e le grandi isole di Candia e di Cipro. Dopo la conquista di Costantinopoli, nel 1204, aveva ottenuto una parte ancora maggiore di terre in Oriente, che non le fu possibile per varie ragioni di annettere ai suoi domini. In seguito a questa ripartizione dell’Impero d’Oriente
il Doge aveva assunto il titolo di Signore di un quarto e mezzo dell’Impero di Romania, che conservò fino all’anno 1356.
L’amministrazione dei domini, ai quali la savia Repubblica concedeva grande autonomia e la facoltà di amministrarsi con i propri statuti, era tenuta o dai Rettori nominati direttamente da essa, o dai Rettori nominati per privilegio speciale dai Consigli nobili delle città principali soggette, o dai Rettori che varie comunità egualmente privilegiate si sceglievano da sé, o infine da signori investiti di feudi.
Naturalmente i reggimenti più importanti erano alle dirette dipendenze della Repubblica, che mandava ad amministrarli esclusivamente patrizi veneti eletti dal Maggior Consiglio o dal Senato e assistiti da segretari, assessori, cancellieri e ragionati, iscritti presso l’Avogaria di Comun e scelti dagli stessi Rettori oppure destinati dal potere centrale. Prima di partire ricevevano le istruzioni contenute nelle così dette Commissioni, elegantemente legate e miniate. La durata dell’ufficio variava dai sedici ai quarantotto mesi, fatta eccezione per le cariche straordinarie.
Nelle città principali i poteri dello Stato erano in mano del Podestà, che attendeva agli affari civili e giudiziari, del Capitano, che comandava ai militari, dei Camerlenghi, che attendevano all’amministrazione finanziaria, di uno o due Castellani, che comandavano i presidii delle rocche e delle cittadelle. Nelle città minori in genere il potere era concentrato nel solo Podestà, che aveva talvolta anche comando militare ed era perciò detto Podestà e capitano, ma, in quelle fra di esse di maggiore importanza, divideva il potere con uno o due Camerlenghi e con uno o più Castellani. In alcuni reggimenti il podestà era assistito da due Consiglieri.
Nelle località fortificate, o dove le esigenze militari prevalevano sulle civili, i Rettori assumevano la denominazione di Provveditori o Capitani. Il Provveditore ordinario, nelle località più esposte ad invasioni nemiche, era sottoposto spesso ad un Provveditore straordinario con maggiori poteri. In alcuni reggimenti il podestà assumeva la denominazione di Conte, Rettore, Governatore o Bailo. Al di sopra dei Rettori locali vi erano dei maggiori funzionari con poteri vicereali, che venivano denominati: Luogotenente, Duca o Provveditore Generale, i quali talvolta erano assistiti da due Consiglieri. Nei momenti di pericolo il comando passava dai Rettori ordinati ad un Provveditore o Provveditore Generale, eletto per l’occasione dal Senato.
Per provvedere al buon andamento dei reggimenti, degli eserciti e delle armate il Senato nominava di tanto in tanto dei Sindici ed Inquisitori, i quali, forniti di estesi poteri, facevano inchieste severissime sui Rettori e, se ne era il caso, li incriminavano e li deferivano ai competenti corpi giudicanti. Durante le epidemie venivano eletti dove occorreva dei Provveditori sopra la Sanità e durante le carestie dei Provveditori sopra i frumenti, le biade, gli olii ed il sale. Alle fabbriche delle fortezze e di altri edifici dei reggimenti, specialmente nella Terraferma, attendevano speciali Provveditori che venivano eletti finché duravano i lavori.