Da Pederobba all’Alaska, l’incredibile epopea di Giovanni dalla Costa
la storia di Giovanni dalla Costa (a lato in una foto d’archivio) e della sua famiglia da Pederobba –Treviso, è il ritratto crudo della società veneta rurale dopo l’unione del Veneto all’ Italia ma anche la storia di molti Veneti che costretti ad emigrare con tenacia e determinazione riuscirono però a riscattarsi da quella situazione di miseria.
Nato nel 1868 da una famiglia contadina che pur lavorando in affitto alcuni terreni ai piedi del Monfenera non se la passava proprio male come purtroppo altri della zona. Ma all’improvviso una notte d’autunno, un devastante incendio distrusse la loro casa ed il raccolto accumulato, lasciandoli sul lastrico.
Cercarono aiuti dal Governo, dalla banca, da altri ma non ne ebbero e privi dei mezzi per sopravvivere, mancando il loco il lavoro, furono costretti ad emigrare.
Per primo nel 1886 partì Giovanni per la Francia dove trovò lavoro in una miniera e poter così mandare qualcosa alla famiglia. Ma non soddisfatto pensò di emigrare negli Stati Uniti dove non mancavano lavoro ed opportunità di fare fortuna.
Si imbarcò a Le Havre, sbarcò a New York e con i primi treni costa a costa si diresse in California dove aveva sentito si cercava e trovava l’oro.
Ma a San Francisco la corsa all’ oro individuale cominciata 20 anni prima era già terminata per cui dovette riprendere il lavoro di minatore salariato in una miniera industriale del Montana. Arrivavano però voci che in Alaska era iniziata una nuova corsa all’ oro ed il nostro Jack, così lo chiamavano, deciso a trovare la sua fortuna, si imbarcò per quella terra a quel tempo sconosciuta e coperta di ghiacci per buona parte dell’ anno.Sbarcato, si addentrò a piedi, a cavallo , in canoa in quella terra selvaggia con altri avventurieri animati tutti dal miraggio dell’ oro. In particolare strinse fraterna amicizia con Felice Pedroni (Felix Pedro, foto a lato) un modenese di Fanano che già aveva fatto quel tipo di esperienza mentre nel frattempo li raggiunse anche l’altro fratello Francesco.
Per alcuni anni risalirono fiumi, attraversarono con le slitte foreste e montagne innevate alla temperatura media di 30-35 sotto zero con punte di 45-50 quando anche i cani da slitta morivano assiderati, tormentati dai lupi, mangiando scatolame, carne secca e fagioli, dormendo nelle tende o in baracche di fortuna col rischio di morire congelati mentre nella breve estate erano assaliti continuamente da nugoli di zanzare.
Di quando in quando si fermavano per esplorare il terreno che per essere scavato doveva prima essere scongelato con grandi fuochi. Avevano imparato dagli indiani a lavorare lentamente per non sudare altrimenti la pelle bagnata si sarebbe subito congelata.
Finalmente dopo quasi due anni arrivò il giorno fortunato ed in un posto lungo il fiume Yukon la loro tenacia fu premiata : Pedro e Co. trovarono l’oro in gran quantità. In quella località che è ora una città chiamata Fairbanks un busto ed una targa ricordano Pedroni e quella data il 9 aprile 1903.
Divenuto in poco tempo ricco Jack ( Giovanni) decise di tornare a casa in Veneto ma a San Francisco fu in circostanze oscure derubato del suo oro e dovette ritornare in Alaska a scavare nuovamente e per di più preso in giro dagli altri.
Nel giro di un anno era nuovamente straricco e questa volta partì direttamente con destinazione Pederobba.
Quando vi giunse nel 1905 dopo quasi 20 anni nessuno credeva alla sua storia ma quando cominciò a comperare case e terreni e depositare in banca monete d’oro , tutti si convinsero e lo considerarono il loro campione.
Nel frattempo però la sua famiglia si era dissolta. Stremati dai debiti che non riuscivano a pagare, il fratello Giacomo andò a lavorare nel sud della Francia dove si accasò con una francese e perse tracce dei fratelli, mentre il padre Luigi , la madre Teresa , l’altro fratello Gaspare ed una sorella, venduto quel poco che avevano, emigrarono con il viaggio pagato a Montevideo in Uruguay per poi passare nel vicino Rio Grande do Sul in Brasile dove misteriosamente scomparve la sorella e tra difficoltà , ma con tenacia aiutati più tardi anche da Giovanni, impiantarono una locanda a Guaporé. Giovanni dalla Costa intanto a Pederobba era stato raggiunto anche dal fratello Francesco ed entrambi decisero dopo tanto peregrinare di mettere su famiglia.
Giovanni conquistò e sposò Rosa Rostolis che portò in un favoloso viaggio di nozze a ripercorrere le sue tappe americane non più in tenda ma in alberghi di lusso, sino a Fairbanks in Alaska. Dal matrimonio ebbe un figlio Francesco e 4 figlie e a Pederobba si occupò prevalentemente dell’ amministrazione dei suoi beni e della coltivazione dei terreni, non mancando però di aiutare chi aveva bisogno e di godere dell’ amicizia dei paesani.
Pure Francesco si sposò con Maria Poleselli ritornò in Alaska con lei, ebbe diverse figlie ed iniziò una redditizia attività edile che lo portò a trasferirsi prima a Roma poi in Toscana.
Ma la tranquilla vita di Giovanni stava per essere nuovamente sconvolta dallo scoppio della prima guerra mondiale. Dopo la ritirata di Caporetto, il fronte si era assestato sulla linea Grappa, Piave e Pederobba era al centro. In fretta e furia il paese fu evacuato e la famiglia di Giovanni, portando il minimo indispensabile fu profuga per più di un anno a Pavia dove un’ altra disgrazia li colpì con la morte per l’epidemia di spagnola della figlia Resi.
Al ritorno trovarono solo desolazione.
La casa era sventrata , il mobilio rubato o distrutto, una cassa contenente cose personali e di valore nascosta nel terreno in giardino era stata scoperta e ripulita, le monete d’oro depositate presso la Banca di Valdobbiadene erano state sequestrate dagli austriaci.
Così Giovanni si ritrovò nuovamente a zero e né governo né le banche erano disposti ad aiutarlo. In più dopo la guerra i prezzi di tutti i beni e generi erano triplicati e con i pochi soldi rimasti aveva appena per sopravvivere.
Ma la tenacia di Giovanni non lo abbandonò, si diede da fare per rimediare a quella situazione pur tra mille difficoltà e ci riuscì ma i bei giorni passati erano ormai un sogno.
Dopo 10 anni trascorsi tranquilli mentre i figli crescevano e Giovanni stimato e amato da tutti era diventato un saggio patriarca, purtroppo il primo giugno del 1929 colpito da un improvviso arresto cardiaco, all’ età ancor giovane di 60 anni morì.
La prematura mancanza di Giovanni lasciò la famiglia in gravi difficoltà. A causa della grave crisi del 1929, la moglie Rosa fu costretta a vendere quello che era rimasto terreni e pure la casa, ma ebbe anche la soddisfazione prima di morire nel 1955 di vedere i suoi figlioli ben sposati e Francesco rifarsi una solida posizione.
A ricordo di questa incredibile storia, nel cimitero di Pederobba c’è una lapide funebre dove sta scritto:
”Giovanni dalla Costa umile mite buono, lavoratore tenace ad ardue imprese nella gelida inesplorata Alaska diede gli anni suoi migliori, alla famiglia poi dedicò tutto se stesso, fine immatura lo colse lasciando nel dolore i suoi cari ,nel mesto compianto tutti i buoni”.
Un bell’ esempio da ammirare e tenere sempre presente.
Questo riassunto è stato tratto dal bel libro di Dario de Bortoli “ Jack Costa- L’epopea di Giovanni dalla Costa, il Trevisano che cercò l’oro in Alaska e lo trovò”
Si ringrazia http://www.venetoimage.com/ per il contributo