Ezzelino un tiranno utile per la storia
di Simonetta Dondi dall’Orologio
Prima della conquista della Serenissima nel 1402, come tutti bene sanno Padova era dominata per la Famiglia Carraresi.
Ma il personaggio più inquietante di questo periodo fu lo spietato Ezzelino da Romano. Prima di raccontare su questo storico personaggio dobbiamo fare una piccola premessa sull’origine e discendenza di questa nobile famiglia.
Gli Ezzelini da Onara, altrimenti detti da Romano, furono un’importante famiglia medievale veneta.
Di origine germanica (a seguito dei Franchi), si stabilirono presso il castello di Onara (oggi frazione di Tombolo) dal 1035 circa al 1199 e per questo furono ricordati nei documenti dell’epoca come Ecelini da Onara.
Successivamente, in seguito alla distruzione del castello di Onara, la famiglia fu costretta a trasferirsi nel castello di Romano (attuale Romano d’Ezzelino).
Ecelino III, o Ezzelino III da Romano detto il “Tiranno”, figlio di Ecelino II, (nato ad Onara 1194, morto a Soncino il 27 settembre 1259). Dal 1226 al 1233 fu Signore di Verona. Dal 1232 fu il Signore di Bassano. Dal 1235 fu castellano di Romano e di Godego. Nel 1237 fu Vicario imperiale e Reggente della Marca di Verona. Dal 1236 alla morte ritornò Signore di Verona.
Ebbe diversi matrimoni, nell’ordine :
- nel 1221 sposò Gilia, sorella del conte di San Bonifacio, che ripudiò.
- il 23 maggio 1258, sposa a Verona, Selvaggia di Hohenstaufen, la figlia naturale e legittimata dell’imperatore Federico II.
- nel 1244 sposa Isotta Lancia, (morta nel 1254)
- Beatrice, figlia del conte di Castelnuovo
Sembra abbia avuto solo un figlio, Pietro, che fece imprigionare, nel 1246, nel castello di Angarano.
Nel 1630, Alessandro Tassoni gli dedicò l’intero Canto ottavo del poema eroicomico La secchia rapita; dove l’argomento dice:
Il corno manco alfin de’ Gemignani
giugne a forza pugnando a’ suoi steccati.
Vede Ezzelino in mostra a Padovani,
ch’a danno de’ Petroni ha ragunati.
Fan tregua i campi: e con partiti vani
son da Bologna ambasciator mandati,
che di Rinoppia fra i ricami e l’armi
del cieco Scarpinello odono i carmi.
Ezzelino ereditò dal padre i territori di Bassano, di Marostica e di tutti i castelli situati sui colli Euganei. Già a venti anni aveva manifestato le sue speciali inclinazioni per la guerra, unite ad uno spirito di dissimulazione e di pazienza, straordinari per la sua età. Era inoltre resistentissimo ad ogni fatica, capace di affrontare impavido qualsiasi pericolo, freddo ed insensibile ad ogni spettacolo di pietà, intollerante di ogni freno e di ogni consiglio. Si comportò con una crudeltà forse maggiore rispetto ai livelli (peraltro assai elevati) dei suoi tempi, anche se non particolarmente credibili sembrano le fonti storiche di parte a lui avversa che non mancarono di descrivere Ezzelino III come un fosco tiranno che traeva personale diletto nell’escogitare torture raffinate quanto crudeli.
Fu certamente uomo di parte e delle fazioni si servì principalmente per ingrandire i suoi feudi e rendersi sempre più potente. Per tutto ciò appare come il più attivo e ardente ghibellino, tanto che di questo partito ebbe di fatto il comando nell’Italia settentrionale.
Grazie alle sue abilità politico militari, Ezzelino III estese il suo dominio su Trento, Belluno, Vicenza, Verona, Bassano, Padova e Brescia, creando una sorta di signoria. Dal 1225 al 1230 fu podestà e capitano del popolo di Verona. A quest’epoca risale l’infruttuosa visita di Sant’Antonio di Padova per implorare clemenza per Rizzardo di Sambonifacio. Inizialmente simpatizzante per la Lega Lombarda, per le delusioni subite Ezzelino si schierò però con l’imperatore Federico II di Svevia che lo nominò Vicario Imperiale in Lombardia e segnò con questo suo ufficio la fine di ogni libertà comunale, sottomettendo i Comuni alla sua volontà.
Nel 1233 Ezzelino da Romano distrusse il castello di Caldiero, in provincia di Verona, esistente sul Monte Rocca. L’imperatore nel 1236 gli concesse una guarnigione per metterlo al sicuro dai moti e dalle minacce popolari che serpeggiavano nei domini soggetti agli Ezzelini. Lo stesso anno Federico saccheggiò Vicenza e ne dette il governo a Ezzelino, il quale, nel 1237, si fece consegnare anche Padova, città molto più forte, più ricca e potente delle due che già controllava. Per domare questa città, che era avvezza a tutte le libertà dei regimi popolari, fece arrestare tutti coloro che per cultura, per casato e per benemerenze avevano acquistato la stima della cittadinanza. Ordinò che le case dei carcerati e dei fuoriusciti fossero rase al suolo e che i giovani rimasti in città dovessero entrare in corpi di leva, per non sfuggire al suo controllo e alla terribile disciplina del “mestiere delle armi”.
Dopo la vittoria di Cortenuova (BG), contro i comuni lombardi guidati dal podestà milanese Pietro Tiepolo, il 27 novembre 1237, Federico gli dette in sposa una sua figlia naturale, Selvaggia, che morì giovanissima. Ezzelino III in seguito si risposò altre due volte.
Il 22 maggio 1238, giorno di Pentecoste, nella Basilica di San Zeno (Verona), Ezzelino III sposò dunque Selvaggia, figlia dell’imperatore Federico II. Divenne così, con l’appoggio dell’imperatore e dei suoi consiglieri (fra cui l’astrologo Guido Bonatti), vicario imperiale per tutti i paesi tra le Alpi di Trento e il fiume Oglio. Tutta quest’area, del resto, era già di fatto sotto la giurisdizione di Ezzelino che s’era guadagnato l’obbedienza dei suoi sudditi grazie alla sua efferatezza e alle sue più raffinate crudeltà. Fece una volta murare le porte delle prigioni, rigurgitanti di tanti suoi avversari, e le grida degli affamati – che generavano terrore in tutta la città – sembra che procurassero al tiranno uno speciale piacere, mentre in un sol giorno, nel 1239, assistette come ad uno spettacolo al supplizio di diciotto padovani nel Pra della Valle.
Accusato di efferatezze e di eresia, nel 1254 fu scomunicato da papa Alessandro IV, al secolo Rinaldo Segni, grande avversario della fazione ghibellina, che sperava di sbarazzarsi in tal modo di un formidabile ostacolo alla sua politica anti-imperiale. Nel mese di marzo 1256 Azzo VII d’Este, podestà a vita di Ferrara, ricevette da Filippo, arcivescovo di Ravenna, l’incarico di condurre una “crociata” contro Ezzelino, padrone assoluto di Verona, Vicenza, Padova, Feltre e Belluno, mentre Treviso era sotto il dominio di suo fratello Alberico. Solo Trento, conquistata da Ezzelino III nel 1241, era nel frattempo riuscita stabilmente a liberarsi nel 1255.
Mentre Ezzelino era occupato nella conquista di Brescia, i “crociati” di Azzo VII si impadronirono il 19 giugno 1256 di Padova, anche perché Ezzelino, diffidando dei 10.000 padovani coscritti nelle sue milizie, li aveva fatti chiudere dapprima nell’anfiteatro di Verona, poi a piccoli gruppi nelle prigioni dei suoi vari domini e in pochi giorni se ne era disfatto, lasciandone uno solo in vita. I “crociati” dal canto loro non seppero profittare del loro vantaggio nel corso della prima fase della guerra contro Ezzelino III, perché le loro forze erano sparse e i loro signori divisi. Per ben due anni si trascinò pertanto una guerra di agguati e di mischie sanguinose, durante i quali Ezzelino III riuscì a impadronirsi di Brescia nel 1258.
Oberto II Pallavicino a capo dei cremonesi, il marchese d’Este a capo dei ferraresi e dei mantovani, si impadronirono di Cassano d’Adda e tagliarono ogni possibilità di ritirata a Ezzelino. Ezzelino III fu quindi sconfitto dopo una strenua battaglia a Cassano d’Adda il 27 settembre del 1259 dalla lega guelfa di Azzo VII d’Este e morì pochissimo tempo dopo, a 65 anni di età, in seguito alle gravi ferite riportate. Catturato e portato a Soncino, nei pressi di Cremona, spirò così come era vissuto: rifiutando sacramenti e medicine. Strappatesi le fasciature, morì dissanguato, senza alcuna pietà neppure per se stesso.
A Soncino ancor oggi ogni settimana si ricorda la sua morte con il rintocco di una campana e si favoleggia circa il fatto che sia stato sepolto con il suo tesoro. Suo fratello Alberico, catturato nel suo castello di San Zenone dai vincitori, fu trucidato insieme alla sua famiglia, a dimostrazione (semmai ce ne fosse bisogno) che la “barbarie” non era caratteristica solo di Ezzelino.
Ezzelino non fu un malvagio, fu uomo del suo tempo che fu tempo certamente sanguinario, ma fu anche uomo di filosofie per lui, radicato profondamente nel feudalesimo, impossibili da realizzare.
Le sue idee si concretizzeranno un centinaio d’anni dopo e soprattutto con la federazione nella Veneta Serenisima Republica di tutto il Veneto, parte del Friuli e della Lombardia, avvenuta nei primi anni del quattrocento. E’ una figura da rivalutare, e da sfrondare dal concetto di malvagità, che s’impone tra i personaggi più importanti di quell’epoca e uno dei massimi cardini, a cavallo tra politica e filosofia, della storia medioevale.
Una risposta
[…] gli scaligeri a fianco di Ezzelino da Romano, con Leonardino della Scala, detto Mastino, che nel 1259 venne eletto Podestà di Verona. Mastino […]