I PADRI VENETI PRIMI, TERRITORIO VILLAGGI ECONOMIA
DI LOREDANA CAPUIS università di Padova
Uno sguardo alla carta di distribuzione del siti evidenzia in maniera macroscopica come le direttrici di occupazione si addensino in modo particolare lungo i grandi fiumi Adige-Brenta-Piave, che assieme agli itinerari terrestri aprivano la regione su tre fonti di primario interesse: il mare Adriatico, con conseguente apertura al commercio greco; l’Italia centrale e tirrenica, con conseguente apertura all’area di cultura etrusca; I’Europa continentale transalpina, con possibilita di accesso alle sue ricche risorse minerarie. Connotazione comune a gran parte delle città di pianura (Este, Padova, Vicenza, Treviso, Oderzo, Concordia) è quella di essere comprese tra due corsi fluviali, percorse da anse, controanse, rami secondari, assumendo quell’aspetto di “città simili ad isole” che tanto aveva colpito il geografo Strabone: città d’acqua, dunque, e dall’acqua legate al territorio.
Furono proprio i fiumi che, favorendo aperture diverse con il territorio e le culture circostanti, determinarono alcuni aspetti culturali tipici a diversi da centro a centro. Esemplare è il caso di Este e Padova, i due centri egemoni di pianura, l’una sorta sulle rive dell’Adige, l’altra su quelle del Brenta, che all’epoca avevano un percorso in parte diverso dall’attuale.
Este risulta più aperta alle esperienze culturali dell’Italia etrusca, da Bologna ai centri tirrenici; Padova è più “continentale”, più legata al mondo centro-europeo di cultura hallstattiana. Con Este fa sistema il Veneto occidentale gravitante sul sistema fluviale Adige-Mincio-Tartaro, con i centri veronesi di Gazzo e Oppeano; con Padova invece il Veneto nord orientale gravitante sul sistema Brenta-Piave dove si svilupparono numerosi centri da Montebelluna all’Asolano lungo la pedemontana, da Mel al Bellunese al Cadore. E se Adria, sorta tra gli estremi rami dell’Adige e del Po poteva rappresentare lo sbocco a mare del territorio atestino, Altino lo doveva essere per il territorio patavino.
Naturalmente protetti dei loro grandi fiumi i Veneti svilupparono un’economia favorita, allora come oggi, da una pianura fertile e facilmente coltivabile. Basi fondamentali di sussistenza erano agricoltura e allevamento; attività collaterali erano la pesca, sia fluviale che marittima, e la caccia, quest’ultima praticata soprattutto a livello di sport aristocratico. L’artigianato, prevalentemente a base organizzativa di tipo domestico, doveva sopperire innanzi tutto ai bisogni di ogni giorno, dal vestiario al vasellame per la cucina e la conservazione delle scorte, agli utensili in bronzo, osso, corno, agli oggetti di ornamento/abbigliamento. Ma ben documentato è anche uno scambio/commercio ad ampio raggio con la Penisola dal versante tirrenico all’adriatico, e con i territori transalpini, il che sottintende una produzione in eccedenza, dall’artigianato artistico ai cavalli. Molto elevato è il numero degli abitati di cui siamo a conoscenza, ma piuttosto limitato è su questo fronte il patrimonio di informazioni di cui possiamo disporre e ciò per una serie di motivi. Un primo condizionamento è rappresentato dal fatto che le città maggiori hanno continuato a crescere su se stesse dall’antichità ai giorni nostri il che non solo rende particolarmente difficili indagini di tipo estensivo, ma ha inevitabilmente portato, in ogni fase successiva, all’obliterazione di gran parte delle strutture della fase precedente e tanto più quando si trattava di strutture in materiale deperibile.
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