I RISI E BISI, LA CUCINA VENETA.
di Millo Bozzolan
La minestra “de risi e bisi” la mangiava il doge il 25 aprile, giorno di San Marco (festa del boco’lo, lo donano i morosi alle morose), gustando così le primizie primaverili.
La minestra ‘di risi’ che nel Veneto, anche se non in tutte le zone, è molto diffusa, ha una consistenza simile a quella del risotto, e si fa in mille modi, con il “late”, con le “luganeghe”, con le patate, col “bisato” (l’anguilla), con le “sépe”, con i “fonghi”, coi “bruscandoi” (germogli di luppolo), con le “ver’se”, le “tripe”, con i “fegadei”, le “cape”, con la “suca”, con i “sucoi”… con tutto, insomma.
Ci parla di riso anche Carlo Goldoni, mettendo in bocca a due protgonisti di una sua commedia questo gustoso dialogo, interpretato con una mimica facciale indimenticabile da Cesco Baseggio e Gino Cavalieri:
TODERO: metté suso i bisi.
GREGORIO: A sta ora ho da metter suso i bisi? vola disnar avanti nona? (la campana del mezzogiorno)
TODERO: vogio disnar a l’ora solita. Ma i risi i se mette suso à bonora, acciò che i cressa, acciò che i fassa fazion (che rendan al massimo). Son sta a Fiorenza, e ho imparà là, come se cusina i risi. I li fa bogier tre ore, e mezza lira de bisi basta per otto, o nove persone.
GREGORIO: benissimo, la sarà servida (da sé) ma per mi me ne farò na pignatela a modo mio.
da PARLAR VENETO di Gianna Marcato.