IDENTITA’ VENETA, UNA CONTINUITA’ RARA NEL MONDO.
Del Direttivo di Europa Veneta, nota in risposta a un articolo provocatorio
L’intervento di Ugo Suman sul Gazzettino del 6 maggio 2009 ha dipinto i Veneti come una tribù di miserabili in balìa della casta dominante; dobbiamo far giustizia di tante banalità, con cui si vuol togliere dignità al nostro popolo. Ai Veneti va riconosciuta una forte identità, che deriva loro sia da storia e cultura, sia dalla lingua parlata, che hanno precisi caratteri distintivi. Come spiegava Manlio Cortellazzo nei corsi di dialettologia all’Università, la differenza tra lingua e dialetto è questa: la prima è fatta propria da uno Stato, il secondo no. La scienza qui non c’entra, tant’è che da quando i Catalani hanno deciso di essere Nazione, la stessa parlata ha cambiato etichettatura: ora è lingua. Ogni lingua viva presenta una quantità di varianti locali: nel caso del Veneto sono piuttosto omogenee tra loro. Il Veneziano, poi, ha sviluppato una significativa tradizione letteraria; fu anche la base della lingua franca diffusa in tutto il Mediterraneo e fu lingua diplomatica presso la Corte Ottomana.
I Veneti furono i primi a scrivere in Volgare nella penisola: le prime testimonianze risalgono al 1.100, il cosiddetto “Italiano” era in realtà il Toscano trecentesco. La Nazione Veneta conta oltre tremila anni di storia, non è un agglomerato artificiale creato dalle società di pensiero tra ‘700 ed ‘800; il Regno d’Italia fu in questo senso messo su dalle baionette napoleoniche (1806-1815), riesumato poi dalle trame internazionali che spalleggiarono le annessioni savoiarde: il fatto compiuto ricevette infine la legittimazione intellettuale dai vari Mazzini e D’Annunzio.
L’etnogenesi dei Veneti risale all’Età del Bronzo; già nel I Millennio a.C. si presentano come Nazione formata in tutti i suoi aspetti, con una propria organizzazione sociale e politica, con usi e costumi evoluti, religione, arte, lingua e scrittura che li distinguono dagli Italici. Per convincersene basta esaminare i meravigliosi reperti preromani presenti nei numerosi musei della nostra regione, in particolare le oltre 400 iscrizioni venetiche (diffuse in un vasto comprensorio alpino-adriatico), che attestano, peraltro, che il Venetico era difforme dal Latino e affine alle lingue slavo-occidentali. Origini così illustri costituiscono un patrimonio identitario di eccezionale valore: pochi popoli nella storia furono “Nazione” in senso così intenso e profondo.
Lo storico britannico Richard Mackenney s’impressiona nell’annotare che con la guerra di Chioggia, a fine Trecento, patrizi e popolani costruivano insieme le fortificazioni in laguna contro l’assedio genovese (1). Fu questo spirito comune a vincere nei secoli. Durante la guerra contro la Lega di Cambraj, Guicciardini e Machiavelli, testimoni oculari, riportano sbigottiti i continui episodi di eroismo messi in atto per salvare la Patria dall’occupazione degli Imperiali; i contadini veneti si fanno impiccare per non giurare fedeltà a Massimiliano d’Asburgo, dichiarandosi “marcheschi” noncuranti della morte certa, tanti altri s’immolano volontariamente sotto il fuoco nemico per ricostruire i bastioni di Padova battuti senza sosta dalle artiglierie germaniche. Continuiamo? Con la calata di Napoleone a fine ‘700 le comunità rurali insorsero contro l’occupazione giacobina dalla Lombardia Veneta all’Istria, a un solo grido: “Viva San Marco!”.
Ps. Con l’Italia unita in maniera opposta ai sentimenti federalisti maggioritari del 1848, dal Risorgimento in poi è nata una corrente che vuole il Veneto isolo colonia produttiva senza storia né memoria. Riconoscere la nostra identità pare troppo pericoloso, pur se è previsto dalla Costituzione tanto decantata, e lo vediamo anche oggi, che il governo centrale ha messo un certo on.le napoletano Boccia (in nomen omen) ad occuparsi delle autonomie richieste dal Nord. (Ndr)