IL GOVERNO VENETO E IL PROBLEMA DELL’IMPIEGO DEI POVERI
di Brian Pullan
I poveri a Venezia, come farli diventare una risorsa per la società nei limiti del possibile
Nel 1529 venne emanata una legge (detta ‘parte’) che cercava di riciclare i poveri mendicanti che infestavano la capitale. Venne stabilito che per liberare la città ‘dalla furfanteria e mendicità’ che la infestavano, tutti i poveri ‘foresti’ dovessero essere rispediti alla loro patria d’origine di terraferma (per patria si intendeva appunto la loro città natale) con lettera di raccomandazione ai governatori onde vigilassero che non ritornassero a Venezia. I mendicanti e vagabondi della capitale dovevano essere suddivisi in abili al lavoro e in ‘impotenti’. Questi ultimi erano affidati al parroco, e se privi di abitazione, ricoverati negli ospizi pubblici caritatevoli. Gli altri abili, venivano destnati all’imbarco, come marinai nella flotta da guerra o rematori. Oppure come equipaggio nell navi mercantili a metà paga, per invogliare così i capitani ad assumere del personale del tutto inesperto. Nel 1545, su consiglio di Cristoforo da Canal, si decise di passare al lavoro forzato come rematori arruolando i vagabondi e i poco di buono. Le categorie di Arti e Mestieri dal canto loro, erano invitate ad assumere qualche giovane povero come apprendista, così che potesse imparare un mestiere. Le donne erano raccomandate alla carità del parroco, che si sarebbe preoccupato di trovare una occupazione o le avrebbe aiutate attingendo alle elemosine.
sunto da
LA POLITICA SOCIALE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA 1500 – 1620
Brian Pullan ed. Veltro