IL MIRACOLO ITALIANO DELLA MOLTIPLICAZIONE … DELLE SALME.
Quel dilettante di Gesù si era limitato ai pani e ai pesci, ma in Italia, dopo gli anni ’20, qualcuno, magari con le stellette sulla giacca, riuscì a farlo anche con i poveri resti dei Caduti della Grande Guerra. Ecco come andò:
LA MALASANITA’ IN GRIGIOVERDE.
Se il Genio Militare aveva rischiato una pessima fama per gli intrallazzi compiuti da alcuni suoi ufficiali impegnati nell’opera di ricostruzione, la Sanità Militare rischiò invece di macchiarsi d’infamia, per l’odiosa speculazione introdotta da non pochi dei suoi nell’opera di riesumazione, trasporto e ricomposizione delle salme dei caduti.
La tecnica di approccio al malaffare non differiva granché dall’una all’altra delle due Armi: in entrambi i casi ci si imbatte in qualcuno che depone le spalline per darsi al mercato e in qualche altro che invece le conserva per dargli manforte e poi dividere gli utili.
La voce di infami speculazioni compiute sui cadaveri era presto arrivata: scrivendone a poco meno di tre anni dalla cessazione del conflitto, un giornalista vorrebbe far credere il malaffare “un ricordo”, legato al comportamento di imprese ‘civili’. .. ch’ebbero cura di raccogliere le salme di caduti in guerra… (in quanto) fu da qualcuna di queste speculato sui grandi eroi della Patria, dividendo una salma in più parti, per far figurare maggior numero di morti. (Il risorgimento, 16 giugno 1922).
Va osservato però che la certezza dell’esistenza del losco affare si ebbe solo dopo una interrogazione parlamentare e la conferma dell’orrenda verità si ebbe dal Ministro della Guerra. L’indegno traffico si svolgeva in parecchi cimiteri, ma in modo particolare in quelli del Grappa. E’ qui che un ex ufficiale di sanità, ‘dei paesi di Roma’ si improvvisa imprenditore e ottiene dai suoi ex colleghi commilitoni responsabili del settore, l’appalto della traslazione dei cadaveri.
C’era un tariffario di 60 lire circa a salma, ma si trovò subito il modo di non sporcarsi le mani materialmente, subappaltando per ben due volte il lavoro. sicché gli operai che davvero lo effettuava, ricevevano non più di un terzo della cifra posta a disposizione dello stato.
Il rappresentante del Governo, pur ammettendo davanti alla camera pesanti responsabilità di persone appartenenti all’Esercito, tentò tosto di scaricare la colpa sugli operai. Costoro ‘erano reclutati tra i peggiori elementi, tra individui senza scrupoli, che, costretti anche dalla remunerazione ristretta, erano spinti ad esagerare, ed in generale cercavano di trasportare il maggior numero di salme possibile, non curandosi nenche di trarre dalle fosse in cui erano stati inumati, tutti i resti mortali. (Il Lavoratore, 17 luglio 1922).
Del resto non potevano essere angioletti, ma piuttosto monatti di manzoniana memoria che annegavano nel vino l’angoscia suscitata dal loro lavoro. Ma non erano degli stupidi, sapevano di essere sfruttati e si rifacevano con la moltiplicazione delle salme… La spinta a delinquere era data, come al solito, da persone che erano considerate al di sopra di ogni sospetto . E rubare a uno stato considerato ladro era quasi considerato un diritto. Era un modo di risarcirsi.
Se poi l’autorità giudiziaria, come si assicurava facesse la Procura di Bassano, seppelliva le denunce negli scaffali più fuori di mano, allora era affermato che si potesse delinquere tranquillamente.
Bruno Pederoda opera citata