IL PARLAR ‘ITALIANO’ CHE NEI MANUALI ERA INTESO PER VENEZIANO
di Milo Boz
La lingua veneta, nella forma veneziana, era una lingua franca in tutto l’Adriatico, e nella ‘coinè’ di popoli che vivevano a Venezia, era addirittura studiata a scuola dai mercanti “todeschi” dato che era uno strumento utile per i loro commerci. Se da Venezia essi si spostavano in qualche porto del Levante e della Grecia, o a Costantinopoli essi sapevano di poter essere capiti e di farsi capire. Lo chiamavano magari ‘italiano’ ma non intendevano toscano. Intendevano veneziano, un po’ come oggi i “fradei” del Brasile dicono ‘talian’ la loro lingua ufficiale quasi tutta veneta. A questo proposito è interessante riportare quanto scrisse Andrea Calmo, un letterato veneziano che difendeva l’uso del parlato comune, nelle rappresentazioni teatrali, contro chi voleva invece l’uso del toscano, per i personaggi italiani :” Vorrebbero costoro c’un Greco o un Dalmatino parlando in italiano favellasse con gli accenti e modi toscani, il che non è meno fuori del ordinario che se un Bergamasco havesse a parlar in fiorentino, o un Napolitano in tedesco”.
Gianna Marcato, nel suo “Parlar veneto” riporta un dialogo ripreso da un manuale di lingua ‘italiana’ ad uso dei mercanti tedeschi: “Astu bon valessio o bon bocassin? – (due tipi di stoffa)
– no ve l’ò io dito? è ho il mior che sia in questa terra. –
– Adu zà (porta qua) ! Lassalo vedere! Tu sa’ ben lordar la to roba! –
– E’ la loldo cho la veritade. –
– Questo sa ben Dio –
E il dialogo, bellissimo continua… fin che i due personaggi arrivano a un accordo. Rende bene il mondo veneziano del 1500, doveappunto, il “veneziano” era una lingua franca, non solo a Venezia, ma in tutto il Mediterraneo.