Il primo teatro anatomico del mondo nato a Padova
Un articolo che leggerete tutta di un fiato, tanto è avvincente. Il primo teatro anatomico, nato per soddisfare le esigenze di un luminare della medicina dell’epoca, pagatissimo ma capriccioso come una prima donna… uno dei tanti primati veneti poco riconosciuti dal resto dell’Italia.
di Simonetta Dondi dell’Orologio
Nel 1493, Alessandro Benedetti pubblica a Padova la sua Historia corporis humani, nella quale alla fine del capitolo primo è citato per la prima volta nella storia il concetto di teatro anatomico. Si trattava di un palco provvisorio in legno, montabile e smontabile all’occorrenza, a forma di anfiteatro, all’interno del quale questo celebre professore operava delle pubbliche dissezioni a beneficio degli studenti di medicina, e non solo.
Alla epoca gli anatomisti potevano dissezionare esclusivamente i cadaveri dei condannati a morte, e Benedetti propose di estendere il permesso anche ai morti per malattia: fu anche grazie al suo impulso che la pratica settoria si diffuse in ambito medico, ma toccherà aspettare Vesalio perché la mentalità scientifica al riguardo approdi alla piena maturità.
E, proprio esaminando il famosissimo frontespizio del suo De humani corporis fabrica, e “cancellando” tutti gli spettatori, si può avere un’idea delle strutture a gradoni che venivano utilizzate durante le dissezioni. invenzione del teatro anatomico smontabile di Benedetti, sempre a Padova, insegnava il chirurgo Acquapendente.
Come un gran numero degli anatomisti dell’epoca, anche Fabrici era un personaggio particolare. Era uno studioso infaticabile, curava gratuitamente i poveri, eppure il suo carattere scontroso e la negligenza nello svolgere il suo ruolo di insegnante gli causarono non poche critiche. “Sopraordinario nella lettura di Anatomia e Chirurgia”, nonostante i suoi invidiabili titoli accademici (e il suo stipendio da capogiro), era famoso per la sua incostanza alle lezioni: si dava malato, spesso le iniziava in ampio ritardo, e se finalmente si decideva ad insegnare, gli studenti avevano un bel daffare a comprendere le sue parole, dato che la sua voce era praticamente un sussurro per via di una laringite cronica.
Ironicamente, dobbiamo proprio alla sua pigrizia la nascita del primo teatro anatomico permanente. Fabrici era infatti stanco di dover tenere le lezioni all’aperto, in balia delle bizze metereologiche, e sgolandosi perché gli spettatori delle ultime file non riuscivano a sentire. Quando, attraverso un Console della Nazione Germanica, venne a sapere che anche gli studenti di medicina tedeschi che studiavano a Padova lamentavano la mancanza di un teatro per seguire le lezioni, colse la palla al balzo e commissionò (forse a Paolo Sarpi) il progetto.
Nel 1595 venne completato il teatro anatomico all’interno del Palazzo del Bo, sede dell’Università (molti altri verranno costruiti successivamente in diverse facoltà europee) all’entrata c’è l’iscrizione in latino “Hic est locus ubi mors gaudet succurrere vitae”, ossia ” è questo il luogo dove la morte è lieta di soccorrere la vita”.
Si tratta di un grande teatro ovale, con sei gallerie estremamente ripide che ricordano facilmente una visione dantesca dell’Inferno. Qui si svolgeva lo spettacolo. E di vero e proprio spettacolo si trattava, impressionante e macabro. Immaginatevi di stare assiepati in questo vertiginoso teatro a forma di cono rovesciato, nell’oscurità pressoché totale, l’unica luce proveniente da un paio di candelabri posti ai fianchi del tavolo settorio sul fondo. Due “massari”, il cui compito era quello di procurare i cadaveri e assistere il professore, scoprono il corpo senza vita di un condannato (o in alternativa di qualche animale – cani, maiali, e perfino scimmie ed orsi). Entra l’anatomista, che indossa orgogliosamente un grembiule macchiato del sangue di decenni di operazioni chirurgiche e dissezioni.
Per gli occhi della gente semplice è quasi un mago: una minuscola orchestra da camera sottolinea la sua entrata con l’esecuzione di una pomposa musichetta. In pochi minuti, il torace del morto viene inciso ed aperto, le interiora messe all’aria; a questo punto l’intero teatro è esposto alle esalazioni maleodoranti.
Con pochi, decisi tagli (gran parte del lavoro sporco lo fanno gli assistenti), il professore dimostra la sua esperienza e la sua maestria, estraendo ed esibendo qualche organo in particolare, pontificando sul sistema circolatorio o su determinate afflizioni patologiche. A fine spettacolo, dopo gli applausi (in quel tempo come oggi di battere le nocchie sulla balaustra di legno) e dopo che il pubblico è uscito, viene aperto il tetto mobile per lasciare fuoriuscire i cattivi odori. L’atmosfera cupa del teatro venne attenuata nel 1844 con la costruzione di un lucernario che potesse far entrare la luce del sole. In seguito, quando le esecuzioni capitali si fecero più rare, a poco a poco le attività del teatro anatomico diminuirono, fino a quando nel 1872 smise definitivamente di funzionare.
Fu a partire della nascita dei teatri anatomici quando i pittori e scultori realizzano meravigliosi corpi umani con tutti i più piccoli particolari e le torture dei martiri si vedono alla perfezione: come se fossimo presenti alla “rappresentazione”.
Una risposta
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