IL VENEZIANO E L’UNIFICAZIONE DELLA “£ENGUA” VENETA
Sentiamo cosa diceva in un libro riedito nel 1974, Giacomo Devoto. Cattedratico e grande studioso della lingua italiana e dei dialetti della penisola.
A partire dalla metà del XV° secolo Venezia diventa capitale dell’entroterra veneto, e i modelli linguistici veneziani si presentano in tutti i capoluoghi della regione, come muniti di prestigio. uesto non è destinato a soggiogare o distruggere ma costituisce una coltre superiore, che si distende al di sopra, parzialmente uniformando e praticamente facilitando la reciproca comprensione.
L’azione metropolitana di Venezia si continua ancora oggi, a un secolo e mezzo dalla fine della repubblica veneta; e ancora oggi insidia tutte le aree dialettali, compresa l’udinese e la triestina.
Ndr: E’ chiaro che oggi non è più Venezia il motore del “veneziano” preso a modello nella pedemontana fino a Udine e Trieste, ma bensì la parlata delle città limitrofe alla vecchia capitale, ormai divenute egemoni economicamente nel Triveneto. E queste città parlano un “veneziano” in senso lato. Un esempio evidente di questo processo è il padovano, che dal “pavan” che oggi sarebbe quasi incomprensibile ai padovani stessi, nel giro di un secolo approdarono a una parlata molto simile al veneziano. E questo accadde nelle altre città.
Ma faccio concludere il ragionamento al Devoto:
Ma anche senza proiettarsi ancora in un futuro tanto lontano, la tradizione linguistica veneziana guadagna non solo in estensione geografica ma anche in spessore sociale e stabilità; e nel XVI secolo raggiunse il livello di lingua di cancelleria.