La chiesa di Santa Lucia a Venezia
di Simonetta Dondi dell’Orologio
La realizzazione della stazione ferroviaria a Venezia determinò profonde e radicali modifiche che trasformarono l’aspetto dell’ultimo tratto di Canal Grande sia dal punto di vista urbanistico che architettonico.
Il complesso degli edifici allora esistenti fu abbattuto per far posto alla stazione ferroviaria vera e propria e a tutte le attrezzature connesse al nuovo servizio.
Scomparvero così non solo la chiesa di Santa Lucia con il suo monastero, ma l’intero quartiere composto dalle case e dai palazzi, edificati in gran parte tra il XV e il XVIII secolo, che prospettavano la fondamenta o le strette calli interne fino a raggiungere la zona retrostante, ancora tenuta ad orti, e l’ultimo, opposto lembo lagunare. Nel 1846 il ponte ferroviario translagunare era completato e immetteva in città attraverso un’area di raccordo ottenuta in parte con interramenti. Nel 1858 le due rive del Canal Grande venivano collegate da un ponte di ferro.
Il piccone demolitore che distrusse un’intera area abitata cancellandone le testimonianze storiche, sociali e artistiche, si arrestò, nel primi tempi di attività della stazione, alle spalle della Chiesa di Santa Lucia, la cui zona retrostante divenne punto di arrivo e di parcheggio di locomotori e vagoni. Era comunque evidente l’intenzione di acquisire uno sbocco sul Canal Grande. Tra il 1860 e il 1861 vennero infatti abbattute oltre alla Chiesa le superstiti costruzioni sulla fondamenta, per far posto all’edificio della Stazione passeggeri, secondo una soluzione urbanistica tra le più ovvie e meno intelligenti.
Fonti storicamente attendibili pongono alla fine del XII secolo la costruzione della prima chiesa.
Nel 1280, proveniente da San Giorgio Maggiore, dove si trovava fin dall’inizio del secolo, fu traslato il corpo della martire siracusana Lucia, da cui la chiesa prese il nome.
La fabbrica venne ufficialmente consacrata nel 1343. Alla fine del XV secolo presentava forme gotiche, stilisticamente e volumetricamente molto simili a quelle di San Gregorio alla Salute.
Gli edifici del monastero si sviluppavano lungo il fianco sinistro della chiesa e si intestavano verso il Canal Grande in leggero arretramento rispetto al filo degli altri edifici.
Nel 1565 si ha notizia di un nuovo intervento riferito all’edificazione di una grande cappella per conto di Leonardo Mocenigo che ne aveva affidato il progetto al Palladio.
I lavori non ebbero tuttavia facile corso, è anzi probabile che iniziassero dopo la morte dell’artista (1580), poiché l’opera ebbe termine soltanto nel 1589.
L’antica struttura gotica andò così gradualmente sostituita da una nuova, composta secondo il diverso disegno cinquecentesco, in sostanza si può ritenere che l’intervento, limitato all’inizio soltanto alla cappella Mocenigo, si sia esteso a tutto l’edificio gotico, assumendo il carattere di una vera e propria ricostruzione.
La nuova chiesa ebbe così non solo diversa definizione architettonica e stilistica, ma rispose ad un più moderno criterio di funzione con la facciata rivolta al Canal Grande per l’avvenuta inversione dell’orientamento originario. La nuova chiesa fu consacrata nel 1617.
Nel 1805 il convento fu soppresso e destinato a sede di una scuola per ragazze povere; stessa sorte subì la chiesa che ebbe fin dalle origini titolo parrocchiale.
Con l’abbattimento della Chiesa il corpo di Santa Lucia venne traslato nella vicina chiesa di San Geremia.
Santa Lucia subì il martirio a Siracusa intorno al 304 durante le persecuzioni di Diocleziano.
Di nobile famiglia si consacrò a Cristo; rinunciò al matrimonio e donò ogni suo bene ai poveri. Per questo fu denunciata dal fidanzato: venne imprigionata, torturata e decapitata. Secondo la leggenda si sarebbe da sola rimessa gli occhi, cavati dai torturatori. Il suo culto si diffuse subito dopo la morte.
E’ abitualmente rappresentata con gli occhi su un piatto, la palma del martirio o la spada, e viene invocata contro le malattie degli occhi. Il nome deriva dal latino e significa “luce”
Ogni anno il 13 dicembre a Venezia si va nella Chiesa di San Geremia, dietro l’altare, ci si mette in fila lungo la bara di cristallo, si prega accanto alla mummia della Santa. Fino agli anni ’60 si poteva fissare Lucia direttamente nelle orbite cave.
I veneziani e la Santa si scambiavano uno sguardo salutare: occhi eccessivi, traboccanti per la commozione, erano messi di fronte a occhi manchevoli, estirpati dal martirio.
Era un toccasana spalancare le palpebre davanti alle occhiaie vuote di Lucia: le pupille dei veneziani lacrimavano, i cristallini intorbiditi dalla bellezza si lavavano, le retine peccatrici si purificavano.
L’orrore dava l’assoluzione alla bellezza: non c’era nulla di macabro in tutto ciò.
Purtroppo il Patriarca Albino Luciani, pastore d’anime dall’indole sensibile, qualche anno prima di diventare Papa Giovanni Paolo I e di rivelare alla cristianità tutta che Dio è la Mamma, ha disposto che la faccia della Santa venisse coperta con una maschera d’argento dai lineamenti aggraziati.