LA DEVOZIONE POPOLARE QUASI PAGANA PER LE MADONNE, ANCHE A VENEZIA
AFFASCINANTE CONTRIBUTO DI UNA COLLABORATRICE VICENTINA.

le Madonna stupende delle chiese dei Carmini e dei Gesuati
Nella chiesa dei Carmini è venerata una Madonna del Carmelo con il Bambino in braccio e lo scapolare, simbolo dei Carmelitani in mano. Non è una statua , ma un simulacro in legno rivestito di abiti in tessuti pregiati. Di Madonne simili se ne trovano altre ancor oggi nelle chiese a Venezia e isole. Nei secoli scorsi erano molto comuni. E’ del 1383 la prima testimonianza, proprio a Venezia nella chiesa di Santo Stefano, di vestizione di una Madonna, fatta di legno e di stracci, di cui erano incaricate donne della parrocchia.
Queste Madonne erano dei manichini, in legno , stoppa, cartapesta, oppure impagliati, con un corpo appena abbozzato e arti snodabili per agevolare le operazioni di vestizione. Maggior cura era posta nel rifinire i piedi, i capelli ,le mani e soprattutto il volto, le parti che rimanevano visibili.
Anche al di fuori di Venezia queste Madonne ebbero grande diffusione, spesso non ci si potevano permettere statue in marmi, pietre o metalli pregiati, testimonianza di fede semplice.
Nei secoli successivi a modellare con maggior cura volti e fattezze, furono abili intagliatori, creando pregevoli manufatti. La semplice devozione assunse aspetti di veri e propri cerimoniali, a cui provvedevano con grande zelo le donne più pie, tramandandosi il compito di madre in figlia, a volte monache, molto raramente uomini. Le operazioni di svestizione e vestizione si tenevano con grande riservatezza, nessuno doveva vedere il simulacro prima che fosse degnamente rivestito e sistemato.
Alle Madonne venivano offerti gioielli, ricchi tessuti, pizzi, vesti preziose in ringraziamento o per implorare grazie. Da parte delle donne più ricche e nobili, dalle dogaresse alle popolane, ma erano talvolta le prostitute a donare alla Vergine i loro abiti e ornamenti più belli, in segno di pentimento ed espiazione. Nei secoli di maggior splendore in alcune chiese le Madonne avevano molte decine di abiti, che venivano cambiati a ogni stagione, e ogni festa e a ogni celebrazione. Il guardaroba non consisteva solo nel semplice abito, ma comprendeva l’intero corredo: biancheria intima finemente ricamata, corsetti, camicie, mantelli, pizzi, calze, scarpe, gioielli, parrucche e ogni genere di ornamento. Alla pulizia e manutenzione di questi veri e propri tesori provvedevano spesso le migliori ricamatrici, oppure le monache dei conventi.
Fu l’avvento napoleonico a far cessare particolare forma di religiosità popolare, con la spoliazione di chiese e conventi e la sparizione di ori e preziosi. Anche vescovi e parroci nel XIX secolo non videro di buon occhio tradizioni che a volte sfioravano il paganesimo, manifestazioni di devozione popolare ma pur sempre verso dei fantocci. Cerimonie che comportavano la manipolazione di corpi di Madonne dall’aspetto troppo “umano” furono considerate quasi forme di superstizione scandalose e da vietare. Anche i critici d’arte contribuirono, giudicando i manufatti rozze forme di folclore.
Fu papa Pio X a volerne la definitiva sparizione, con veri e propri rastrellamenti nelle parrocchie a partire dal 1903. Moltissime furono distrutte, bruciate, qualcuna venne nascosta e se ne trovano ancora in qualche soffitta. Solo negli ultimi anni c’è stata una ricerca, una rivalutazione, molte Madonne superstiti, ripulite e restaurate, hanno ritrovato una dignitosa sistemazione.
I contenuti di questo articolo, sono condivisibili, ma potrebbe essere utile una prospettiva più allargata, che in parte si sovrappone alla sua.
Mi sono occupato molto di Reita, l’antica divinità veneta, vedi questo documento:
http://bit.ly/RREITA-A-CENDROLE-RETII-A-RIESE
Il nesso con il culto descritto nell’articolo, può essere visto in un altro documento, scritto su Giuseppe Sarto, mio compaesano, che, a Salzano, combatte duramente un rito simile, vedi il link, in particolare da pag. 6:
http://bit.ly/GIUSEPPE-SARTO-CHI
Il dettaglio suggestivo sta nel nome dell’antica divinità: Roata, arrivato per tradizione orale, che potrebbe essere, verosimilmente, una storpiatura del none di Reita.
Ricordando che noi leggiamo le scritte degli antichi veneti, ma non conosciamo la pronuncia!
Bernardi Sergio