LA PATRIA VENETA E LE TANTE NAZIONI CHE LA COMPONGONO
Ho usato il presente, nel titolo, non a caso, perché ancora oggi tanti popoli di diverse lingue e culture, rivendicano con orgoglio la loro appartenenza alla grande famiglia veneta o veneziana.
Ma come sia potuto accadere un tale miracolo è presto detto: credo che tutto sia partito dalla natura particolare del “dominio” veneto. Lontano da qualsiasi impostazione ideologica, come tanti hanno notato, con esso i veneziani volevano solo mantenere libero accesso alle loro vie commerciali. Ma io aggiungerei anche l’antico retaggio della gente veneta, che fin dalla protostoria era aperta al mondo e amichevole, come pare la radice “Venet” volesse significare. La guerra fin da quei tempi, era l’ultima “ratio”: piuttosto i Veneti “amorevoli” si proponevano come modello agli altri popoli anche più “barbari” e infatti riuscirono a trasformare i Celti arrivati a occupare il veronese in fedeli alleati in funzione difensiva contro gli altri “Galli” che premevano ai confini.
Con lo stesso spirito accolsero i Romani e si fusero con essi diventandone fedeli alleati, pur mantenendo sempre (lo diceva anche Strabone) una spiccata identità.
Tornando ai Veneti veneziani, essi fecero rivivere l’antico “angulus venetorum” aggregandolo però ad altre Nazioni “oltremarine” che fecero diventare “nazionali” a pieno titolo senza che per questo fosse loro richiesta una minima rinuncia alla loro cultura e tradizione. “Furono proprio motivi di ordine religioso che spinsero queste popolazioni, perseguitate dalle invasioni musulmane, a mettersi sotto la protezione del vessillo di san Marco, che costituì per secoli il primo, durissimo baluardo alle velleità espansionistiche dell’islam.”
Ecco quindi Venezia orgogliosa delle diversità che proteggeva e che erano il motivo principale che giustificava il suo dolce “dominio”. E si spingevano, i governanti veneti, a raccomandare il mantenimento delle tradizioni dei popoli oltremarini persino nella foggia delle uniformi che le rammentavano. Ricordo un richiamo del “savio alla Scrittura” alla truppa schiavona perché alcuni di essi mettevano il tricorno, a fine Settecento, seguendo la moda veneta, e rinunciavano così al loro berretto etnico.
Così sia nelle “carte Bubich” (dove degli acquerelli mostrano le loro ultime divise) che in altri dipinti d’epoca, possiamo notare come il rosso “chermisino” e il blu intenso fosse una costante nei panni delle uniformi dato che il rosso e il blu lo troviamo anche nella loro bandiera nazionale, ripresa poi nelle vessilli reggimentali. Per i dettagli rimando a quanto scrisse il compianto Francesco Favaloro a pagina 57 e oltre del suo libro “Esercito veneziano del ‘700 Ricerche e schizzi” edito da Filippi qualche anno fa. Altri colori per le loro uniformi sono ipotesi improponibili. L’autore citato riporta tutte le ordinanze che definivano la foggia del vestiario in uso.
Aggiungo un altro particolare. Venezia non impose nemmeno, sulle giberne dei suoi “sciavoni” nemmeno il tanto amato (specie da loro) Leone marciano. infatti non ne ho trovato mai traccia, né nei “berettoni” né sulle giberne, anche se qualche “ricostruttore” attuale li ha voluti imporre sulle uniformi di moderni “reenactors”.