LE “ANGARIE” CHE COSTRUIRONO IL PAESAGGIO DELLA TERRAFERMA VENETA
Di Millo Bozzolan
Oggi accennerò alle “angherie” (angarie), per spiegare un po’ in cosa consistessero e sottolinearne l’importanza per la costruzione stessa dello stato veneziano.
Il nome oggi rimanda al concetto di un sopruso a cui si viene sottoposti, e questo la dice lunga sull’imprinting negativo rimasto nella collettività. Ma bisogna precisare anche che queste “angherie” erano presenti nel sistema fiscale di ogni stato premoderno, e qui da noi, permisero la costruzione di mura per la difesa delle città, gli argini per il contenimento delle piene che sono ancora oggi in uso, o la deviazione di fiumi come la Brenta (i fiumi erano di genere femminile, perché all’acqua anticamente si pensava in questo modo, dato che fertilizzava il terreno ed era fonte di vita).
Le angherie consistevano quindi nell’obbligo di prestare il proprio lavoro, a titolo gratuito o dietro compenso minimo, per la costruzione e il mantenimento di opere pubbliche.
Chi era soggetto a questo tributo lavorativo era in genere un “soggetto da lavoro”, privo di altre fonti di guadagno, di cui invece godevano i “soggetti da reddito” sottoposti a normali imposte in denaro. Queste ultime imposte erano chiamate “gravezze”.
Temute soprattutto erano le “angarie de fora”, per cui i lavoratori erano precettati da territori anche lontani e dovevano vivere in condizioni molto disagiate, in ricoveri di fortuna, in posti lontani dalla residenza. Immaginate cosa poteva significare per un contadino, lasciare la famiglia per inoltrarsi in luoghi lontani, partendo magari dalla bassa padovana per finire in quella terra (allora) desolata che era la Patria del Friuli intorno alla costruenda fortezza di Palma. Che infatti richiese anche il tributo delle vite di molti lavoratori.
Ci racconta il Cacciavillani, autore di uno studio in merito, che “i lavoratori venivano precettati di autorità con procedimento strettamente analogo a quello usato per la leva delle Cernide e dei rematori. La diaria veniva pagata dal Comune o Villa, con il concorso della Camera Fiscale (oggi si direbbe “Intendenza di Finanza”).
F. Hale, parlando della difesa della Terraferma nel ‘500, ci dice ancora che per due terzi le spese per la costruzione delle mura delle città (progettate per la più parte da Fra’ Giocondo) erano a carico della comunità locale, per un terzo a carico del “Principe” (lo stato veneziano).
Le angherie per Palma (nova).
Fu un’opera ciclopica, paragonabile per l’impegno alla deviazione della Brenta. “La sua costruzione impegnò risorse finanziarie e umane enormi ed il relativo carico venne dipartito per lunghi anni sull’intero Dominio. “Le fazioni – prosegue il Caciavillani – furono particolarmente gravose, se nella relazione di Marc’Antonio Memo, Provveditor nella Fortezza di Palma, si rapporta che <fuggivano i contadini spaventati oltremodo et havendo per cosa horribile questo nome di Palma, per i molti morti che vi restavano et per le molte incomodità che affermavano i vivi havervi provato>.
Tuttavia a questi enormi sforzi dei nostri avi, dobbiamo ad esempio il mirabile assetto idrografico odierno del Veneto, e se presenta qualche pecca attualmente, questa lo si deve imputare unicamente per l’insipienza delle attuali amministrazioni, del tutto insensibili al problema idrologico dei territori a loro sottoposti, a differenza di quanto si era soliti fare a quei tempi.
op. cit.
La Milizia Territoriale della Serenissima di Ivone Cacciavillani