LE ORIGINI A VOLTE ESOTICHE DEL “PARLAR VENETO”. Tra ostreghe, mone, e pitime.
Di origine greca, ci spiega Gianna Marcato, glottologa, è una parola che identifica i Veneti più di tante altre: ‘OSTREGA“. Usata come intercalare abituale in un discorso, sostituisce anche il più volgare “Va in mona!” (dove anche ‘mona’ è un vocabolo greco. Ma va in ostrega… Il verbo ‘ostregare‘, pescare ostriche, si trova diffuso a Venezia dal 1300.
Arcipelago, panfilo, squero, (cantiere) sono tutti di importazione e passati anche nell’italiano corrente, a parte l’ultimo. Alcuni riguardalo le merci come il ‘bombaso‘ (bambagia, termine che deriva dall’arabo) e ‘mastica‘ ovvero mastice, resina importata da Chio, ma sono di importazione anche termini come ‘mastelo‘ (mastello) che in greco significa coppa, ‘pitér‘, vaso da fiori, in greco, piccola giara per il vino, ‘intimela’, federa dei cuscini, in greco, indumento, veste o anche copertura.
Ma non basta: ‘cotimo‘ era l’imposta che in Levante mettevano sui vascelli, un tanto per cento, ‘poliza‘ era un cartello, una piccola carta scritta, nominata in un documento del 1515 (la poliza deli incanti del datio).
Dal greco mascella abbiamo il veneto ‘ganassa‘, nel senso di -guancia-; di un bimbo si dice che ha le ‘ganasete rosse’. mentre ‘straca ganasse‘ si chiamano le castagne secche, alludendo alla fatica di masticarle. i ‘mostaci‘, i baffi, pare siano stati nominati a Venezia per la prima volta nel 1500. “e le barbe aveano tra el naso e la bocca. el resto tutto raso, come fano in Costantinopoli li cortegiani. et chiamano quelle barbe ‘mustacchi‘.
‘Pantegane‘ sono ratti d’acqua (dalla voce greca per topo) che si pensavano portati da noi al tempo delle crociate. ‘Caciola’ è la forma spregiativa di berretta, ‘sfantar‘ (allontanare, far sparire) ha la sua origine dal greco ‘rendere invisibile’…
Ancora: il termine ‘usmar‘ deriva anche esso del greco ‘odorare’ ; da noi è diffuso il modo di dire ‘ANDAR A USMA‘ nel senso di tentare, affidarsi all’intuito.
E infine, il termine ‘pitima‘ : che indica la persona più fastidiosa che si possa incontrare, anche qua l’origine è greca. Ma la voce inizialmente indicava un decotto di aromi di vino che veniva applicato sulla parte dolente. qualcosa insomma di fastidioso e pesante.
Almeno una volta nella vita vi sarete sentiti dire “non fare la pittima!”. L’origine del termine è legata ad una figura tipica del panorama sociale della Serenissima. La stessa figura era presente anche nella Repubblica Marinara di Genova. Si trattava di una persona pagata per seguire chi aveva un debito moroso. Il pedinamento costante era accompagnato da gemiti, urla, lamenti. La pittima infatti era solita lamentarsi e urlare senza sosta seguendo il malcapitato debitore.Grazie alla pressione e alla pubblica umiliazione il debitore si trovava costretto a saldare i suoi conti. La pittima era infatti facilmente riconoscibile. Vestiva di rosso e questo faceva sì che tutti sapessero del debito, aumentando l’imbarazzo del pedinamento. La pittima aveva dunque un ruolo sia sociale che morale. Infatti era a suo modo un garante delle buone norme di comportamento. Oggigiorno col termine si indica una persona che si lamenta sempre, insistente e pedante. (Da ITVENEZIA)
Ndr. Bon me fermo qua, che so stufo… anca se no vogio far la pitima ;)… ricordeve de far qualche bonifico come sponsor del nostro blog che seguì in tanti 🙂 .