LO SCOOP: LA VERA CASA DEL TIZIANO! :)
LA VERA CASA DI TIZIANO?
La casa del grande pittore a Pieve di Cadore visitata dai turisti non è quella “del grande prato” da lui denunciata al Collegio dei Dieci.
Di Tiziano Vecellio, sommo artista cadorino si conosce tutto della vita, pochissimo della morte per peste nell’anno 1577 ed assolutamente nulla della nascita.
Usualmente lo si dice nato a Pieve di Cadore, giacché il padre era un notabile in vista a Pieve, figlio e nipote di giureconsulti, notai, avvocati. Ma vi sono voci e tradizioni che lo vorrebbero, con qualche fondamento, partorito a Cortina d’Ampezzo, allora parte del Cadore, in località Campo, ipotizzando una nascita illegittima da una ragazza ampezzana, domestica della nobile famiglia e successivamente sposata da Gregorio Vecellio, o comunque riuscita a legittimare il figlio Tiziano.
Ogni tanto si tenta una datazione estrapolando lettere sue (se ne conoscono oltre centocinquanta!) o di suoi corrispondenti, fra i quali l’Aretino. Francesco Valcanover, già Soprintendente ai beni storici e artistici di Venezia, lo studioso che di Tiziano conosce veramente tutto, scrive: “Nulla sappiamo della prima giovinezza di Tiziano, nacque a Pieve di Cadore verso il 1488, data più convincente del 1477…”.
Due suoi contemporanei, Giorgio Vasari, autore di un trattato sui più famosi pittori del tempo, ed un tale Ludovico Dolce che ne scrissero, non portano più luce sugli aspetti biografici.
Nel secolo scorso fu Pieve a “scoprire” la casa “natale” di Tiziano in contrà Arsenale, e consegnarla alla iconografia ed alla memoria ufficiale dei cadorini con lapidi, pubblicazioni, museo, visitatori, ecc.
Ma, è proprio così assodata quella “invenzione”, o non si tratta di un clamoroso falso storico?
Il dubbio nasce proprio da una dichiarazione dello stesso Tiziano, ignorata o sottovalutata dagli studiosi tizianeschi.
Il documento, custodito nell’Archivio di Stato di Venezia, Condizion Sestiere di Canaregio, Filza n.480, è una sorta di autodenuncia dei redditi chiesta a Tiziano dal Collegio dei Dieci, e datato 28 giugno 1566.
Tiziano aveva allora sui 75 anni ed era universalmente noto. Aveva già portato la rivoluzione nella pittura; la sua tecnica dirompente era stata ormai digerita anche dai detrattori più accaniti. Decine di seguaci stavano percorrendo le sue orme a Venezia, come in Toscana e a Roma. Da mezzo secolo sul coro dei Frari sfolgorava l’Assunta che timidi frati avevano osato respingere trattenuti all’ultimo istante dalla tempestiva offerta d’acquisto avanzata dall’ambasciatore austriaco. Da tempo aveva fissato per l’eternità Carlo V col suo cane, il cardinale Ippolito dei Medici, la fascinosa Isabella d’Este, il prepotente Francesco Maria della Rovere, Eleonora Gonzaga, Alfonso d’Avalos, Francesco I re di Francia, il doge Andrea Gritti ecc. Aveva guadagnato somme colossali, sperperate dai figli. Era riverito, amato, corteggiato, invidiato.
Ma su di lui avevano puntato gli occhi anche gli occhiuti esattori della Serenissima. Eccolo, dunque, a stendere la sua denuncia dei redditi, gonfiando, con l’aiuto dei “fiscalisti”, i suoi costi e le sue spese, minimizzando, invece, le entrate e il valore dei suoi beni al sole fra Venezia, Conegliano e Pieve.
“Per obedir la parte dell’ecc.mo Consiglio dei Pregadi Magnifici et Ill.mi Sig.ri X Savij. Io Tiziano Vecellio q.ms. Gregorio habitante in contrà de S. Canzian in le case della Magnf.mad. Bianca Polani et pago affito Duc. 60 a l’anno et sopra essa casa botega et teren vacuo li ho dato a galder due volte Duc. 350, como per istrumento pregado per ser Zulian Mondo nodaro in Venetia soto adi 30 april 1555.
Dinoto a V. Cl.me S.rie la pocha intrada che mi atruovo con la quale mi convien mantener la mia fameglia come a pieno per me serà dichiarito appreso li Cl.mi S.ri trans adori. Et primo in Cadore mi atruovo una casa in la qual habitava il q. mio fartello ms. Francesco Vecellio, de la qual no cavo utilità alcuna, et apreso dita casa mi atruovo un pezo di pra in locho chiamato Montaricho de qualità de un sator del quale trazo cara uno de fen al’ano, item in dito ter. In locho dito Valcalda un campo con un poco de pra…”.
Anzitutto la presentazione: sotto tono come semplice cittadino della Serenissima, senza qualità ne vanti. Quindi la residenza, inquilino di certa madama Bianca Polani cui pagava un canone di locazione di sessanta ducati l’anno. Un Ducato d’oro era una grossa somma, con la quale una famigliola di gente umile avrebbe vissuto un mese. Ma Tiziano di Ducati ne incassava parecchi. Ne aveva preteso 25 dai fabbriceri del Duomo di Serravalle soltanto per aggiungere le chiavi a un S. Vincenzo trasformandolo in S. Pietro, dal patrizio jacopo Pesaro ne aveva ricevuti 87 per la celeberrima pala oggi ai Frari, da Isabella del Portogallo, moglie di Carlo V ne aveva incassati ben 2000 per un’Annunciazione, ahimè, perduta, 100 Ducati dalla Repubblica per la Senseria del Fontego dei Tedeschi, i ritratti gliene valevano 25 ognuno, insomma un fiume di denaro.
Dopo il tentativo, non credibile, circa “la poca intrada con la quale mi conviene mantenere la mia famegia”… inizia l’elencazione dei beni patrimoniali con la casa di Pieve che, si badi bene, non viene detta paterna, bensì dove abitava il fratello Francesco, pittore anche lui e mercante di legname. Da quella casa, egli precisa, non ricava alcun reddito.
La dichiarazione prosegue con un terreno in località Monte Rico, “un pezo di pra de qualità de un sator, cioè di circa 4000 metri, tant’è che ne ricavava un carro di foraggio, circa cinque quintali.
Ricapitolando: una casa già abitata dal fratello che sul retro ha un prato. A prima vista parrebbe dunque confermata quella che a Pieve viene indicata come casa natale. Ma dove sta il grande prato? C’è un secondo ma: perché quella modesta e non il palazzo Vallenzasca che le sta accanto, antico come l’altra? Più adatto ad una famiglia di ricchi come erano i Vecellio?
Quella dimora in pietra viva, con ampi corridoi a volto, finestre protette da inferriate in ferro battuto, portali, era più consona a doviziosi mercanti di legname, a notai, a giureconsulti di quanto non lo fosse la piccola casa con fienile e stalla che le sta dinnanzi, magari dove alloggiavano i servi ed i contadini. I Vecellio vengono detti da Valcanover “famiglia che per censo e virtù civica godeva di largo prestigio”.
E’ stato scritto che Tiziano fanciullo, prima di scendere in laguna, un giorno dipinse una Madonna sul muro di una casa. La sua? Nel corridoio del palazzo Vallenzasca esiste una pittura del genere. Come poteva un ragazzino, del cui avvenire nessuno poteva prevedere la grandezza, entrare in casa d’altri e imbrattare i muri? Se non fosse stata che la sua? Ma ciò che fa più meditare è quel grande prato che tutt’oggi esiste ancora, ma dietro il palazzo Vallenzasca!
(Mario Ferruccio Belli)