Matti per la villeggiatura

di Theusk

Anton Francesco Doni nel suo “Attavanta” classifica le ville venete in cinque categorie:

1) La villa civile (da re, da duca, da principe e da signore)

2) Podere da spasso (da gentiluomo)

3) La possessione di ricreazione

4) La casa di risparmio

5) La capanna dell’utile

(sopra Villa Pisani a Strà)

Le ville lungo la Brenta appartengono tutte alle prime tre categorie e G. Mazzotti, nel suo libro “Le ville venete”, Milano 1959, dice giustamente che “le ville della Riviera son tutte da spasso o da ricreazione”.

Alla villeggiatura estiva nessuno pareva rinunciare, questa iniziava da metà giugno fino a tutto luglio e dai primi di ottobre sino alla metà di novembre, con l ‘estate di San Martino.

Chi non aveva i mezzi ricorreva ai prestiti e ai pegni e per avere un’ idea della vita veneziana del 1700 si leggano le denunce degli “Agenti segreti veneziani del ‘700” di Giovanni Comisso del 1945: “La nobiltà, pur di apparire, andava a gara nello spendere, con un esibizionismo senza pari”.

I “Barnabotti” (nobili decaduti a cui la Serenissima garantiva alloggi a San Barnaba a Dorsoduro) erano quelli che pur di non sfigurare spendevano l’intera rendita statale di un anno in pochi giorni, costringendosi poi ad un digiuno forzato.

Il gondoliere e l’artigiano, per quei pochi giorni che si potevano concedere di villeggiatura, impegnavano quanto non serviva loro d’estate, per poi disimpegnarlo con il lavoro di un anno e per le locande della Riviera si confondevano con gli aristocratici.

Del resto il popolo veneziano e veneto aveva raggiunto una tale fusione di pensiero, in fatto di sensibilità, nobiltà di gusto e conoscenza estetica al punto che nella popolazione della Serenissima tutte le classi sociali erano accomunate da un unico amore per il bello, per l’arte e per la propria terra.