PERCHE’ IL LEONE DI TRAU’ FU DISTRUTTO
Il bel Leone della Loggia di Traù era diventato suo malgrado, simbolo di “italianità” contrapposta al nazionalismo croato quando invece per secoli era stato simbolo di fratellanza e unità tra le varie componenti etniche della Dalmazia veneta. Vi riporto parte dell’articolo pescato tra il sito di “Primato nazionale” pur non condividendo l’impostazione nazionalistica tricolore dell’autore. Ma quanto scrive ci aiuta comunque a capire quello che successe.
Traù fu oggetto di un tentativo di annessione come accadde a Fiume: ma è cosa poco nota il fatto che i fiumani, quando poterono votare, si dichiararono contrari all’annessione all’Italia, aspirando a divenire “Città autonoma” indipendente. Ma subito dopo la votazione la città fu presidiata da squadristi col manganello in mano, su richiesta del “Vate”, fino a quando i “legionari” non furono costretti ad andarsene.
Questa è storia vera, i particolari li ho travati nel libro del prof. Pederoda che tante volte ho citato.
La cittadina dalmata di Traù, a 30 Km a nord di Spalato, fu teatro nel 1919 di un tentativo di emulazione dell’impresa di Fiume. Ma la scarsa preparazione e l’incoscienza del conte Nino Fanfogna, trentaduenne appartenente ad una delle più importanti ed antiche famiglie di Traù nonché discendente dell’ultimo podestà italiano della città, fecero si che l’impresa fallisse miseramente, causando arresti e sporadici attacchi violenti nei confronti della componente italiana della città e un generale peggioramento delle condizioni di vita degli italiani traurini.
Il clima attorno alla cittadina era dunque molto caldo, fino alla notte tra il 1° e il 2 dicembre 1932, quando un gruppo di nazionalisti jugoslavi distrusse otto Leoni veneti, alcuni esemplari sfregiati a colpi di mazza, altri fatti saltare con la dinamite. Tra questi vi era il celebre leone andante, bassorilievo di Niccolò Fiorentino e Andrea Alessi risalente al 1471, che campeggiava all’interno della Loggia Pubblica.
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L’opera era forse la più pregiata ed originale tra i leoni dalmatini, in quanto normalmente la realizzazione era affidata ad artisti locali, che elaborarono particolari iconografici, quasi una “scuola dalmata”, che in parte si discostarono, a seconda del momento storico e della contingenza di luogo e committenza, dall’originale modello classico Leone di piazza san Marco in Venezia. Il Leone di Traù invece venne scolpito da Niccolò Fiorentino (1414 – 1771), artista nato a Firenze e, secondo studi storico artistici, fratello di Dello e Sansone Delli, e con essi operante in Toscana, nel sud Italia, in Spagna e per finire, all’apice della sua maturità, in Dalmazia. Il Leone di Traù sarà probabilmente l’ultima sua importante opera, e venne affiancato in loco da un artista autoctono, l’Alessi (1425 – 1505), originario di Alessio, in Albania, e operante tra Zara e Spalato, Venezia, Ancona e le Tremiti.
L’attentato ebbe un enorme risalto a livello internazionale, e ovviamente in Italia. Il senatore Corrado Ricci, direttore generale delle antichità e delle Belle arti, riferisce dell’accaduto in Parlamento.
Ci siamo proposti, nel nostro piccolo, di far risorgere il bel Leone, proponendone una riedizione in marmorina credo abbastanza somigliante all’originale di cui resta una foto sbIadita del primo Novecento. Ma chi mi segue, questo già lo sa….
FONTI
https://www.ilprimatonazionale.it/cultura/pietre-parlano-italiano-iconoclastia-leone-di-trau-15437/
BRUNO PEDERODA “Tra le macerie e miserie di una regione dimenticata” Piazza editore