Sapienza civile e accorgimento politico mostrò Venezia fin dal principio a Treviso..
di Paolo Zambon
Sapienza civile e accorgimento politico mostrò veramente Venezia fin dal principio del suo dominio di Terraferma, lasciando alle città l’autonomia amministrativa, non facendo per il governo di esse alcuna deliberazione speciale, riconoscendo e rispettando i loro privilegii, e sol serbando per se – e non era poco davvero – la direzione generale della politica esterna ed interna.
A Treviso, un unico rappresentante aveva la Repubblica per le cose civili e per le militari, il Podestà e Capitano, come aveva in tutti i luoghi minori ; e autorità anche maggiore, che nelle altre città del suo dominio, esercitò sempre nella nostra, per l’umile fedeltà che i trevigiani serbarono sempre alla natural signoria de’ magnifici e potenti veneziani, e per i continui rapporti e le frequenti parentele che la vicinanza favorì.
Allato al rettore veneziano, fu conservato il Consiglio, e il principal magistrato cittadino dei Provvisori, i quali corrispondevano agli antichi Anziani .
Di vivere contenti sotto la Veneta Repubblica avevano ragione i trevigiani — secondo il Bonifaccio — perchè essa aveva in Treviso regolato tre cose, che a perfetto principe sono necessarie: Pietà Giustizia e Milizia . Certo è, che con geloso amore vigilò Venezia sulla suddita città vicina, e che con generose cure se la tenne avvinta, pur in quel secolo di guerre di carestie e di pestilenze.
Ben le commetteva ostilità contro i suoi nemici, e la gravava delle spese e dei servizi di guerra; ben le ingiungeva di accogliere sfarzosamente i principi amici che passando si soffermavano; ma pur ne zelava la sicurezza e l’igiene e l’incolumità facendo ricoprir in tegole i coperti di paglia de’ suoi borghi, provvedendo perchè si selciassero le piazze e le strade a rendere più salubre l’aria, fornendo grano nelle più terribili distrette e soccorsi ne’ contagi ; ma mostravasi disposta a darle miglior parte nel reggimento del territorio con Vicariati commessi a’ cittadini, se le insidie e le discordie intestine non avessero attraversato il disegno.
Anche de’ costumi si mostrò vigile tutrice, estendendo alla città soggetta le provvide leggi emanate a tal fine nella Dominante, e corroborando della propria autorità le disposizioni speciali del Magistrato trevigiano. Perchè, nei periodi di pace e di prosperità, rifioriva l’eleganza, e per l’eleganza il lusso, e col lusso la mollezza nei “gioiosi trevigiani” e nelle lor “donne cavalcaresche” . Diventava già proverbiale la “lascivia nostra Tarvisina !“
Onde i Provvisori dovettero porre severissimi freni al lusso de’ divertimenti lascivi, « prò bono, honore et utilitate totius Universitatis et Populi Tarvisini, ad obviandum et extirpandum indemnitatem et lascivum morem, et observantiam portamentorum, et vestimentorum hactenus factorum et portatorum tam per mares quam per foeminas eiusdem Civitatis Tarvisii …”
(Augusto Serena, “La Cultura Umanistica a Treviso nel Secolo Decimoquinto”, Venezia – Tipografia-Libreria Emiliana, 1912).