UNA “BESTIA” PIENA DI STORIA
Simonetta Dondi dall'Orologio
Interessantissima ed unica al Mondo è la Bestia dell’Apocalisse che abbiamo a Padova nel Battistero.
Molti studi si sono fatti su questa strana rappresentazione .
L’animale che Menabuoi rappresenta come la Bestia è una lonza di pel macolato coverta (ovvero un leopardo-pantera): questa elezione era dovuta all’ispirazione offerta da Dante che all’inizio dell’Inferno la rappresenta come simbolo di Lussuria.
I bestiari medievali aiutarono molto la iconografia…questo animale era unito al peccato, capace di bloccare i buoni propositi dell’uomo e spingerlo al male.
Tale come appare nell’Apocalisse dal corpo della lonza partono sette colli con le rispettive teste di cui una morta….la stravaganza viene dai diademi che Menabuoi rappresenta come mitre papali, ma… attenzione … che su sette teste ci sono dieci mitre.
Perchè questo?
E’ evidente ormai che la Divina Commedia fu ampiamente ammirata e studiata fin dal principio nel Veneto (molto di più che in Toscana, patria dell’Autore).
E’ solo una supposizione personale perchè prove non ne abbiamo in assoluto….però c’è una coincidenza con l’Inferno dantesco; infatti Dante ivi nomina vari personaggi papali…. questi sono:
- Celestino V
- Bonifacio VIII (citato due volte)
- Niccolò III
- Anastasio II
- Clemente V
- San Pietro (citato due volte)
- Silvestro I (citato due volte)
Ovvero il numero corrisponde con le teste della Bestia e 3 sono quelli citati due volte che potrebberoo corrispondere con le teste della Bestia con doppia mitra.
Un’altra interpretazione (quella ufficiale) afferma che qui si è voluto rappresentare ai papi avignonesi e la loro cattiveria [Bertrand de Gouth, Papa Clemente V (dal 1305 fino al 1314) Jacques Duèze, Papa Giovanni XXII(fino al 1334) Jacques Fournier, Papa Benedetto XII (fino al 1342) PierreRoger, Papa Clemente VI (fino al 1352) Étienne Aubert, Papa Innocenzo VI (fino al 1362) Guillaume de Grimoard, Papa Beato Urbano V (fino al 1370) Pierre Roger de Beaufort (non mi sembra logico che una committenza così raffinata ed il grande Menabuoi, decisero di unire la testa della Bestia con un papa beatificato!) con Papa Gregorio XI (fino al 1378)].
La situazione di degrado e abbandono in cui versa la Chiesa, determinata dai vizi e dai peccati rappresentati dalla lonza, dura da circa settant’anni, da quando cioè il papato ha abbandonato la sua sede naturale ed eletta di Roma e si è spostato ad Avignone (fino al 1377).
Sul soglio pontificio si sono succeduti sette papi francesi, che potrebbero essere stati simbolicamente rappresentati dalle teste coronate con le tiare, a volte sono stati eletti anche degli antipapi, ricordati da Santa Caterina da Siena (chiaro segno dello sbandamento) cui potrebbero alludere le tiare doppie.
Verso il 1375 i signori Da Carrara di Padova hanno commissionato la decorazione del Battistero del Duomo al pittore Giusto de’ Menabuoi che ha rappresentato nel ciclo pittorico le storie sacre della vita di Cristo come da tradizione.
Egli ha inserito, inoltre, una misteriosa raffigurazione di una lonza a sette teste che non è in contrasto con le scene sacre, proprio per la natura del luogo che le accoglie: il Battistero, dove i fedeli venivano battezzati secondo il rito che simboleggiava il seppellimento dell’uomo “vecchio” e la rinascita dell’uomo nuovo.
C’era bisogno infatti di una rigenerazione, principalmente interna, della Chiesa (come testimoniano le lettere accorate inviate a papa Urbano V dal poeta Francesco Petrarca e quelle di Santa Caterina da Siena a papa Urbano VI) e una decisa reazione alle eresie e agli antipapi: quale sede migliore per lavare via tutti i peccati?
Una conoscenza precisa di quanto stava accadendo al papato potrebbe essere stata veicolata dalla presenza alla corte carrarese di Francesco Petrarca che fin da giovane aveva frequentato la sede papale di Avignone (1311). Il poeta aveva rifiutato la nomina a segretario papale mentre era diventato canonico del Duomo di Padova, come testimonia anche la presenza del cenotafio all’interno del Battistero del Duomo.
A mio avviso non dobbiamo dimenticare a Dante che nel secolo XIV influenza molto la iconografia soprattutto la padovana: molte immagini che ancora oggi possiamo ammirare di Giotto e, alcune, di Mantegna fanno grande riferimento alle descrizioni del Sommo Poeta, quest’ultimo nelle Terre Venete trovò sicuramente una seconda Patria come tanti altri fiorentini già ricordati in altre pillole della nostra bella Storia.