Valdenogher e la pietra filosofale
Oggi iniziamo la nostra analisi da Valdenogher, una frazione del comune di Tambre(Belluno), parte della comunità montana dell’Alpaga.
Più precisamente da un palazzetto storico (vedi foto a lato) nel centro cittadino edificato in uno spazio che al tempo era aperta campagna.
L’edificio si compone di due blocchi: quello sulla strada di origine cinquecentesca e quello sul retro, collegato al primo e raggiungibile con un viottolo in salita, di origine ottocentesca.
Secondo i racconti popolari l’abitazione è stata costruita da un forestiero proveniente da lontano, dalla Turchia secondo alcuni, da Alessandria d’Egitto secondo altri, che doveva rifugiarsi in un luogo nascosto e quale posto migliore per far perdere le proprie tracce se non un’isolata comunità montana!?
Per molto tempo gli abitanti hanno convissuto con questa ingombrante presenza conosciuta come “casa del cinquecento” senza porsi troppe domande, certo le leggende si sprecano e da secoli quel luogo emana mistero, curiosità e paura.
Ma quando in anni recenti la comunità montana dell’Alpago ha interpellato la sovrintendenza ai beni architettonici per avviare i lavori di restauro, gli esperti sono stati subiti catturati da qualcosa di straordinario; difatti visto che mancavano documenti sull’origine della costruzione per saperne di più e mantenere un rigore architettonico nei restauri è stata posta una particolare attenzione agli elementi architettonici ed ai materiali usati.
Si è così scoperto che quelle che sembravano solo delle decorazioni erano in realtà delle precise scelte strutturali e iconografie cariche di elementi simbolici legati all’alchimia. Vediamone alcuni esempi
Osservando la facciata possiamo notare che ci sono esattamente 3archi, 4 finestre al primo piano, 5 finestre al secondo; in tutto 12 aperture. Simbolicamente il 12 richiama i 12 mesi dell’anno e ci indica un ciclo completo.
La casa è divisa in 3 piani ed appare tripartita sia in senso orizzontale che verticale. Simbolicamente 3 sono le principali fasi dell’Opera alchemica che gli antichi alchimisti chiamarono Nigredo, Albedo e Rubedo perché sono caratterizzate dall’apparire dei 3 colori: il nero, il bianco ed infine il rosso.
La facciata è sostenuta da tre grandi archi in pietra le cui chiavi d’arco raffigurano i principi cardini dell’alchimia; coppie di serpenti che intrecciandosi si sormontano simmetricamente. Simbolicamente rappresentano le forze opposte e complementari della natura
Oltre alle simbologie durante i lavori emersero altri dettagli interessanti: la totale assenza di camino e canne fumarie, motivo per cui le pareti e travi erano completamente anneriti(vedasi foto a lato) e dei particolari fori in tutte le porte interne probabilmente volti a far disperdere fumo e calore.
Inoltre sotto il pavimento del piano terra fu trovato una specie di forno, riconosciuto poi come un classico Atanor o forno alchemico; non v’erano più dubbi, quell’edificio era il laboratorio di un alchimista! appunto conosciuto oggi come “casa dell’alchimista”.
La casa fu abitata fino al 1930,ma nella comunità locale questo edificio ha sempre suscitato un senso di non-appartenza e di ignoranza nel senso lato del termine, basti pensare al fatto che un discendente degli ultimi residenti trovò nella soffitta dei libri antichi ed a lui incomprensibili , pensando che trattassero di magia oscura li bruciò immediatamente.
Peccato, avrebbero probabilmente potuto raccontare la storia del posto e chissà magari contribuire a trovare l’agognata pietra filosofale!
Oggi è diventata una casa-museo, aperta grazie alla collaborazione dell’associazione Alpago storia natura ed è una dei rarissimi esempi ancora conservati di abitazione dedita a questa misteriosa arte alchemica;
http://museisitialpagocansiglio.it/it/musei-siti/casa-museo-alchimista/