Venezia e la gioia del Colore
di Antonia dei Todeschi.
Nell immaginario collettivo odierno Venezia storica viene paragonata ad una città esageratamente decorata, colorata, e proprio per questo motivo seducente come una città irreale, un luogo di eterna gaiezza e spensieratezza, una “prostituta imbellettata”. Non si considera o si è dimenticato che in questa città l’oro e il colore sono sempre stati associati ad un inconfondibile serietà che nasce dalla profondità etica e religiosa oltre che dall’ immaginazione.
La Venezia attuale non eccelle per cromatismo e lo stato di abbandono fa prevalere i toni smorti, lasciando poco spazio al fulgore.
La ricerca del colore sembra, al contrario, sia stata ossessiva a Venezia, non solo in architettura nelle case minori e nei palazzi, affrescati e coperti d’oro ma nella vita quotidiana, nel Carnevale, nei vetri di Murano, nei mosaici, nella pittura.
John Ruskin, nella sua analitica opera “Le pietre di Venezia” sostiene che: “I colori lucenti e la magnificenza dell’ architettura veneziana non sono un segno di un cuore volto all’allegrezza e il mantello multicolore con cui volle imporsi a tutte le altre città della penisola ed europee, non le fu concesso nel tripudio della festa, ma nella solennità della sua severa religione“.
A noi uomini moderni riesce difficile percepire il cromatismo come era avvertito dai nostri avi veneziani. Essi lo impararono anche dai contatti non sempre amichevoli con la cultura araba e fu prerogativa del periodo bizantino. E’ una chiave di lettura e rivalutazione del suo significato.
Fu solo in tempi recenti che si vive lo smodato cromatismo come l’orgia terrena. Il potere affidato da San Marco a Venezia si esaurì nel momento del suo massimo del suo fulgore ma rimase pur sempre suo appannaggio esclusivo, ben lungi da farne la maschera d’Italia caduta in uno stato di desolazione.
Oggi nessuno di noi ha il senso della nobiltà e della sacralità del cromatismo, tripudio del colore a Venezia. Oggi lo si percepisce come una bellezza sussidiaria, come fonte di piacere sensuale, come ricerca estetica. Soltanto una mente svagata o frettolosa può in realtà attribuire l’uso del colore a semplice decorazione o “imbellettamento”.
Tra tutti i doni concessi da Dio a noi uomini quello del colore è sacro e solenne, divino. E’ l’essenza stessa delle cose che ci circondano: del cielo, del sole, degli alberi, del sangue…ed è vita, così perfetta che non cela debolezze né deve trarre grandezza dalla sua fastosità ma solo assicurare e guidare il cammino dell’uomo verso il miglioramento.
La ricerca di un tale effetto si nutre di forti valori e non avrebbe mai potuto attecchire nella dissipazione o nella decadenza senza radici.
Riflessioni su : “Pietre di Venezia” di J.Ruskin
Salve,
bellissimo il vostro articolo su Venezia e la gioia del colore. Mi ha colpito una delle foto che avete postato, come descrizione avete scritto ‘totale restaurato’. Si tratta di un gioiello? Sto facendo una ricerca personale sui gioielli veneziani e le influenze orientali.
Grazie e di nuovo complimenti!
Annalisa Conway
Salve Annalisa,
perdonaci per l’assurdo ritardo nella risposta, ma il sito causa prematura scomparsa di uno dei suoi fondatori è stato in una fase di stallo per un po’.
Comunque nel caso ti serva ancora, la foto in questione è uno dei mosaici della Basilica di San Marco a Venezia.
Interessante ricerca la tua, se ti va di parlarcene scrivi pure a info@venetostoria.com
Grazie ancora per i complimenti e resta connessa che a breve il blog ripartirà!