VENEZIA E L’IMMIGRATO: BENVENUTO MA CON REGOLE SEVERISSIME
Questo piccolo estratto da Giuseppe Gullino, storico notissimo, ci permette di capire come mai fosse possibile una coesistenza pacifica e fruttuosa tra veneti e decine di migliaia di immigrati, nella nostra Capitale specialmente. Grazie a uno stato forte che si reggeva su tradizioni condivise, e una giustizia certa e implacabile per chi delinqueva. Si pensi che nell’epoca d’oro, gli osservatori stranieri annotavano stupiti che i veneziani in città erano una minoranza. Stupiti anche per l’ordine e la tranquillità che vi regnava…
… Il suo pluralismo etnico non era solo conseguente alla complessità dei Dominii, dal momento che, per rispondere alle esigenze di uno stato di così notevoli e singolari dimensioni, Venezia città dovette ricorrere all’immigrazione. Per secoli la sua storia sarebbe stata contrassegnata da questo singolare fenomeno. La maggior parte del popolo è straniero – annotava Giuseppe de Commynes a fine ‘400; e di rincalzo, Gerolamo Priuli nel 1509: “In fuori la nobeltade et pochissimi cittadini, tutto il resto erano forestieri et pochissimi venetiani.”
V’erano gli albanesi, per lo più soldati (i cosiddetti stradiotti), e poi i greci e i dalmati, che però sembravano mostrare maggiore iniziativa; nel ‘500, ad esempio, la maggior parte dell’editoria veneziana era nelle loro mani. un carattere particolare aveva la presenza degli Ebrei, definitivamente autorizzati a restare a Venezia nel 1516, ma raccolti nel Ghetto.
Seguono gli immigrati nordici, perlopiù inglesi, tedeschi, olandesi, quasi sempre mercanti che operano nel mercato realtino, assieme agli ebrei essi sono ovviamente i più graditi, dal momento che di solito si tratta di immigrati ricchi. La loro presenza suscita problemi con la Santa Sede, dato il luteranesimo che professano.
L’integrazione e, più in generale, la pace sociale, furono rese possibili in base a numerose concause:
- Nella fortissima coscienza che Venezia aveva di sé. Nell’orgoglio patriottico, insomma. Uno stato che abbia una forte identità può essere tollerante senza pericoli di essere travolto.
- Nella certezza della giustizia, che veniva imparzialmente attribuita eciò che conta non meno, rapidamente.
- Nella politica annonaria volta a garantire l’approvvigionamento dei generi fondamentali a basso prezzo di calmiere.
- Nell’inserimento degli immigrati nel tessuto produttivo delle arti e corporazioni e delle Scuole a loro volta simbolicamente aggregate alle autorità massime nelle cerimonie pubbliche.
5. Nel rituale civico delle cerimonie (spettacolari sopratutto quelle ducali); queste cerimonie nelle quali chi partecipava era contemporaneamente attore e spettatore, alla fine del XVI° secolo impegnavano, a Venezia, almeno 86 giorni all’anno; processioni, festa delle Marie, caccia al toro, uccisione dei maiali a san Marco, volo della colombina, festa del redentore, sposalizio del mare riproponevano alla collettività la continuità della città Stato attraverso la sua tradizione (in cui tutti si sentivano partecipi. NdR).
Come potete capire, nulla a che vedere col multiculturalismo alla Bergoglio, alla Benetton, nemmeno con quello straccione dei centri sociali; era tutto l’opposto.