TUTTO SUL CAPODANNO VENETO, la data “more veneto”.
Di Milo Boz, veneto marciano.
IL CAPODANNO VENETO, brusafebraro.
Il termine more veneto (abbreviato in m.v.) indica la presentazione di una data secondo il calendario vigente nell’antica Repubblica di Venezia e prima nell’Impero Romano, nel quale il capodanno era fissato in corrispondenza del 1º marzo. Il calendario gregoriano determinò quindi una traslazione indietro di due mesi nel computo degli anni rispetto quello storico,e portò in molti altri stati alla datazione attuale.
Datazione more veneto
Per evitare fraintendimenti le date dei documenti venivano dunque già allora affiancate dalla dicitura latina more veneto, ossia “secondo l’uso veneto”: in tal modo, ad esempio, la data 14 febbraio 1702 more veneto corrispondeva alla data generale 14 febbraio 1703, in quanto l’anno 1703 iniziava in Veneto solo a partire dal mese seguente e quindi febbraio risultava essere l’ultimo mese del 1702 (il vecchio anno). L’uso, di origini molto antiche, faceva sì che secondo tale sistema i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre fossero effettivamente il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese dell’anno, come indicato dal nome.
Capodanno veneto
Il capodanno veneto, fissato il 1º marzo, era quindi una festività ufficiale della Serenissima Repubblica. L’uso di fissare l’inizio dell’anno in corrispondenza dell’inizio della primavera e del risveglio naturale della vita era pratica arcaica molto diffusa e riscontrabile anche in altri calendari, come nel caso del capodanno cinese.
La tradizione del capodanno veneto tuttora sopravvive nelle tradizioni di alcune zone della pedemontana berica, dell’altopiano di Asiago e in varie feste locali del Trevigiano e del Padovano, che la ricordano con l’usanza del Bruza Marzo (o Bati Marzo o ciamar Marzo), che significa risvegliare l’anno nuovo. In certe zone si offre tutt’oggi lo spettacolo di grandi falò per propiziare l’anno nuovo, in altre, come a Valdagno nella valle dell’Agno in provincia di Vicenza, si fa “Fora Febraro” con i “sciòchi col carburo” (botti provocati facendo scoppiare l’acetilene, prodotta unendo il carburo con l’acqua) e i bimbi girano per le strade battendo su pentole e coperchi, o trascinando in bicicletta o a piedi lattine vuote: il rumore scaccia il freddo Febbraio.
fonti web
Questa dee nostre raixe xè la strada giusta par tornar a riconosserse chi che semo
Interessante questa notizia. Da vecchio padovano posso aggiungere che nelle campagne fra Padova e Vicenza sopravviveva, quand’ero ragazzo (sono del ’31) una tradizione della sera precedente il 1o marzo, chiamata “le pìrole” , con l’accensione di grandi falò nelle aie e conseguente circolazione di boccali di vino o brûlé (valutata con sospetto di “paganesimo” dai benpensanti e dal clero incombente). Poi, solo pochi anni dopo ci siamo trasferiti in altre città e così non ho dovuto assistere alla “normalizzazione” di cultura e costumi.