Un piatto poverissimo per grandi e piccini. La panà o panada.
di Luigina Pizzolato
Un altro piatto ,un tempo comunissimo sulle tavole venete, specialmente le più povere, è la panà o panada (nel veneziano e nel padovano). Si fa risalire la sua origine addirittura al Medioevo, ricorda la povertà e le difficoltà economiche della gente nei periodi passati. Nulla veniva gettato nemmeno i tozzi di pane vecchio, ingrediente base di questo piatto, simbolo stesso dell’arte del riciclo.
Con la panà sono stati svezzati milioni di bambini, in epoche in cui omogeneizzati e liofilizzati erano ancora di là da venire. Rappresentava l’alimento ideale anche per chi, in età avanzata, aveva difficoltà a nutrirsi a causa della perdita dei denti . Nonostante sia legata a ristrettezze e privazioni, la panà è un piatto davvero saporito, ottimo nelle fredde serate invernali.
Oltre al pane, all’acqua e sale, ingredienti fondamentali, ci si metteva quel che si riusciva ad avere in casa: un po’ di burro, olio, pepe, formaggio. Talvolta del formaggio si metteva persino la crosta. Quando si riusciva ad avere una gallina, si poteva usare il brodo al posto dell’acqua. Si metteva il pentolino di coccio sull’angolo della stufa o vicino al fuoco del camino e si lasciava andare per ore, il profumo del pane fatto in casa si spandeva per tutta la cucina.
Le dosi per preparare la panà sono un po’ indicative perchè non ci sono delle quantità precise, ma la realizzazione è molto semplice.
Ingredienti (per 4 persone)
– 400 gr. di pane raffermo
– acqua q.b.
– olio evo q.b.
– sale fino q.b.
– pepe nero macinato q.b.
– parmigiano grattugiato q.b.
Tagliate il pane vecchio o biscottato a pezzetti, mettetelo in una bacinella e copritelo di acqua.
Lasciatelo riposare così per circa 2 ore.
In una casseruola mettete un filo di olio e versatevi il composto di pane ed acqua. Fate cuocere a fuoco moderato per circa 1 ora, mescolando si tanto in tanto in modo da non farlo attaccare.
Terminata la cottura regolate di sale. Dovrà risultare una consistenza cremosa. Versatela nei piatti, a piacere aggiungete poco pepe nero macinato, un filo di olio e del parmigiano grattugiato. Servite la panà calda.
Aggiungiamo una curiosità storica; tale pietanza era l’alimento base nelle giornate fredde per gli equipaggi delle galee. Ci si sbriciolava dentro il “biscotto”,cioè il pane secco in formato di galletta (ogni marinaio ne aveva diritto, fino a un determinato quantitativo di once al giorno) e anche, per chi lo apprezzava, un poco di vino.
Volevo aggiungere una chicca. Uno degli aspetti trascurati della storia veneta e veneziana è l’arte della ceramica. Per decenni i vari esperti dicevano che non esisteva in laguna una fiorente industria fittile, ma recenti massicce scoperte hanno smentito questo luogo comune. Si sono trovate fornaci in parecchie zone lagunari. I Veneziani, poi, consolidavano gli argini dei canali con i resti di vasellame (detti “cocci”) che riaffiorano in abbondanza. La produzione abbraccia un ampio periodo, dal Medioevo al ‘700; ve ne sono con motivi astrali e geometrici (i più antichi) e con bellissimi paesaggi e figure naturalistiche o volti umani. I servizi della nobiltà riportavano sulle stoviglie i loro stemmi araldici. Ebbene, tra quelli del ‘500 una quantità riporta il nome della pietanza che veniva servita sul piatto interessato. Parecchi piatti veneziani rinascimentali riportano, tra le altre, il nome della pietanza “panada”, segno che questa ricetta non era troppo frugale, anzi doveva essere assai gradita in quel tempo e forse anche oggi, se la riscoprissimo. Diamo un’occhio a questo sito, che propone alcuni begli esempi di ceramica veneziana: questo stile doveva essere abbastanza diffuso, perché ho visto pezzi simili al museo di Ferrara. http://www.terraantica.org/2012/02/03/tradizione-ceramica-a-venezia/